CAMBOGIA: si è svolta la XIII Dhammayietra Testimonianze sul lavoro accanto ai malati di Aids di Bob Maat, portavoce del CPR Riprendiamo questo breve aggiornamento dall'ultimo bollettino della Coalition for Peace and Reconciliation (CPR). |
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La scorsa primavera,
la XIII Dhammayietra ha attraversato il paese, percorrendo il tratto di strada
più lungo da quando nel 1992 Maha Ghosananda diede nuovamente vita a
questa tradizione. Come lo stesso Maha Ghosananda amava rilevare che si tratta
di una tradizione nata 2.500 anni fa.
Quest'anno la marcia è stata coordinata da Vann Sy Vorn, che ne ha percorso
ogni passo. Da quando incontrò Maha Ghosananda al tempo della I Dhammayietra,
attraverso i campi di battaglia della Cambogia, non ha mai smesso di camminare.
E proprio grazie alla sua visione e determinazione che questa tradizione si
è mantenuta viva.
I peacemaker che camminano nelle comunità di malati di Aids sono giunti
al terzo anno di questo loro impegno a favore di molti.
Lo scorso mese c'è stato il più alto numero di ammissioni al programma
di assistenza domiciliare per coloro che stanno per morire. Mossi dalla compassione
per questo mondo, quattro nuovi membri si sono uniti allo staff per proseguire
il lavoro in questo campo.
Anche Yean Ean, un altro dei partecipanti alla prima Dhammayietra, ha preso
parte alla marcia di quest'anno. Riflettendo sull'esperienza degli ultimi due
anni, Ean parla di come la sofferenza che ha incontrato lo abbia reso ancora
più compassionevole.
Il programma di studio per i peacemaker della Dhammayietra iniziato nel 1995
ha continuato a evolversi. All'inizio si basava sul modello di insegnamento
centrato sull'insegnante con l'obiettivo di far entrare in contatto il maggior
numero possibile di giovani cambogiani con modelli di ruolo pacifici. Ora si
è passati ad un approccio di apprendimento attivo. Lo scorso anno, piccoli
gruppi di giovani hanno riflettuto insieme sulle proprie vite alla luce di personaggi
come Martin Luther King, Gandhi, Thich Nhat Hanh e Maha Ghosananda.
Il 9 aprile 2003 lo staff della Dhammayietra e i volontari hanno messo in pratica
il "andare lungo lo stesso cammino" quando la XIII Dhammayietra ha
attraversato Sisophon, nel nord ovest del paese. La marcia che si svolge ogni
anno è sempre stata un'espressione simbolica di ciò che sono i
nostri cammini giorno dopo giorno, un tempo per riflettere su dove siamo e sul
cammino che ancora ci aspetta.
Le mie riflessioni personali mi hanno riportato indietro di circa 15 anni quando
un altro gruppo di individui estremamente comuni (posso ancora sentirli gridarmi:
"Parla per te, bianco!" E io lo faccio) profondamente toccati dalla
sofferenza di altri esseri umani intrappolati nella guerra, decisero di camminare
insieme. Per dirla con poche parole: "Videro l'ingiustizia e vollero ripararla,
videro la sofferenza e vollero guarirla, videro la guerra e vollero fermarla".
Fu così che nacque il CPR (Coalition for Peace and Reconciliation)
e fu con tali persone che la marcia ebbe inizio e che ancora oggi continua.
Una delle parti migliori di questo bollettino è che ci offre l'opportunità
di dire grazie. Grazie a tutti voi che siete stati con noi sin dall'inizio,
a metà e a coloro che si sono uniti a noi ora nel cammino che non conosce
fine. Sono quelli come voi che ci sostengono, che ci permettono di camminare
come facciamo. Appreziamo profondamente la vostra fiducia. Non la tradiremo.
Maha Ghosananda dice: "Dobbiamo trovare il coraggio di lasciare i nostri
templi ed entrare nei templi dell'esperienza umana, templi che sono pieni di
sofferenza. Se prestiamo ascolto a Buddha, Cristo o Gandhi vediamo che non c'è
altro da fare. I campi profughi, le prigioni, i ghetti e i campi di battaglia
diventeranno allora i nostri templi".
Un cuore Khmer
Sy Vorn si recò quell'anno a Poipet perché "aveva sentito,
ma mai visto una Dhammayietra". E racconta: "Avevo conosciuto la guerra
fin da quando avevo dieci anni. Sono vissuto attraverso molte guerre e regimi
Sihanouk, Lon Nol, Pol Pot, i vietnamiti - e così, quando ho sentito
parlare della Dhammayietra, volli saperne di più".
Sy Vorn ha 43 anni e dal 1992 ha sempre preso parte alla marcia.
"In molti, specialmente funzionari governativi, mi chiedono perché
continuiamo con la Dhammayietra dal momento che in Cambogia ora c'è la
pace". Ma io chiedo loro: "È davvero finita la guerra nei vostri
cuori? Ogni giorno combattiamo per denaro, cibo, potere
ci infuriamo per
questo o quello. I nostri cuori non sono ancora pacifici. Abbiamo camminato
per più di dieci anni, eppure i nostri cuori non hanno ancora imparato
a stare in pace. La Dhammayietra non aspetta che inizi la prossima guerra, ma
si muove ora per diffondere ovunque l'informazione e per invitare tutti a cambiare
il proprio cuore, un cuore khmer, un cuore morbido, delicato, gentile. Vi prego,
non siate confusi su questo".
Quando i Khmer Rossi presero il potere nel 1975, Sy Vorn fu costretto a interrompere
gli studi a soli 5 anni. Fu la scuola della sofferenza a giocare il ruolo principale
nella sua formazione. La fame fu il suo maestro di meditazione. "Imparai
a meditare durante il regime dei Khmer Rossi. Meditavo la notte quando ero talmente
affamata da non riuscire a dormire. Allora facevo attenzione al respiro, all'inspirazione
e all'espirazione, e dimenticavo la fame. Certo, appena smettevo la fame mi
assaliva di nuovo. Non sapevo che stavo meditando fino a quando Maha Ghosananda
durante la I Dhammayietra non me lo insegnò. E così capii: ah,
ecco, questa è la meditazione".
Può sorprendere ascoltare Sy Vorn dire: "Non credo troppo alla religione".
L'esperienza le ha insegnato che se si fa il bene, allora si riceverà
il bene; se si fa il male, allora si riceverà il male in questa vita".
Ritiene che tutte le filosofie religiose debbano essere verificate nella propria
esperienza di vita. Se è vero per te, nel tuo momento e nel tuo posto,
allora va bene.
Nel 1997, durante una visita in Thailandia, rimase molto colpita dalla sofferenza
causata dall'Aids, sia tra i giovani che tra gli adulti. Incontrò dei
monaci thailandesi che offrivano aiuto per alleviarne la sofferenza. "Sapevo
che in futuro anche in Cambogia ci sarebbero stati molti morti per Aids. Non
avevo alcuna competenza sanitaria e dunque non potevo essere di alcun aiuto
su quel piano, ma potevo iniziare a insegnare i cinque precetti ai giovani.
Se si rispettano i cinque precetti, allora l'Aids non sarà più
un grosso problema."
Dopo aver dato via la sua piccola bancarella al mercato, la Dhammayietra è
diventata per Sy Vorn una marcia quotidiana. Definendosi "volontaria della
Dhammayietra", iniziò a insegnare meditazione e i cinque precetti
a studenti nelle scuole, a monache anziane nei templi, a levatrici e a chiunque
la invitasse. Per insegnare ai giovani l'importanza dell'ambiente piantò
alberi nelle scuole. Nel suo impegno quotidiano riprendeva i temi della Dhammayietra
di quell'anno.
Nel 2000 quando non fu chiaro quando e se Maha Ghosananda ritornasse in Cambogia,
fu lei a prendere la decisione di mantenere viva la Dhammayietra nella sua provincia
natale.
"Osservando la risposta delle persone e il modo cui lavoravano insieme,
compresi che lo spirito della Dhammayietra era ancora vivo. Le marce sarebbero
continuate anche se Maha Ghosananda era fisicamente assente, e così è
stato".
Vieni e guarda con i tuoi occhi
Tra le tre e le quattro di pomeriggio, tornano dal loro viaggio quotidiano.
Secondo la stagione, sono ricoperti di fango o di polvere rossa. Anche le strade
della Cambogia seguono il mantra nazionale che si sente ripetere dal 1991, quando
furono firmati gli accordi di pace di Parigi: "Le cose vanno meglio ora,
ma non vanno ancora bene".
Da come scherzano tra loro, nessuno potrebbe indovinare che hanno già
trascorso la maggior parte della giornata con persone in fin di vita, nelle
loro comunità. Trascorreranno ciò che resta del pomeriggio condividendo
le esperienze della giornata, prendendo note, cercando consiglio a vicenda e
preparando pacchi per l'indomani.
Il gruppo della Dhammayietra a Mongol Borei è ora composto da tredici
membri. Di età matura, con esperienza di vita, lavorano in coppia anche
se di solito viaggiano da soli.
In questo che è il terzo anno di marcia, sperano di essere in grado di
coprire l'intero distretto: a piedi, in moto o in barca.
Il tempo era piovoso quando nel 2001 Arlys Harem e Yean Ean si unirono alla
Dhammayietra. Consapevoli della sofferenza che l'Aids stava procurando alla
comunità, girarono l'intero distretto per vedere e ascoltare. Dopo alcuni
mesi di studio, prepararono la loro risposta: era arrivato il momento.
La Dhammayietra sarebbe stata una marcia con - e non per - le famiglie e le
comunità. Sostenere le famiglie che si prendono cura dei propri cari
ammalati che muoiono a casa, aiutare le comunità nel momento che iniziano
a dover fronteggiare la realtà della sofferenza causata dall'Aids all'intera
società. Con umiltà ma chiarezza cercano di incoraggiare e dare
sostegno a individui, famiglie e comunità per aiutarli a rispondere con
compassione a quest'ultima sofferenza.
"Sai, quando ci si ammala per esempio di tubercolosi, cancro o di qualche
altra malattia, la famiglia offre prontamente compassione e si prende cura dell'ammalato.
Ma nei confronti dei malati di Hiv/Aids, invece, può esserci rabbia.
Ad esempio, le mogli possono arrabbiarsi con i mariti sieropositivi, o possono
essere le suocere o i suoceri ad esserlo.
Ean ha visto che la compassione non è necessariamente il passo successivo
nel rispondere alla sofferenza. "In questo tipo di situazioni, visitiamo
le famiglie più volte. Cerchiamo di far capire loro che l'Aids non è
un problema sanitario solo personale. Spiego che l'Aids è un problema
serio non solo per la Cambogia, ma anche per tutti gli altri paesi della terra".
Si tratta di aiutare le persone a non sentirsi più sole nella loro sofferenza,
e a riflettere sul fatto che anche altre famiglie stanno affrontando lo stesso
problema. Ean trova utile un approccio di questo tipo. "Spesso, dopo che
hanno avuto il tempo per pensarci, riescono a provare compassione per il marito
o per i loro familiari".
Ean è nato nel 1958 nella parte settentrionale della provincia di Kompong
Cham. Primo di sei figli di una famiglia di coltivatori di riso, interruppe
gli studi nel 1971 "per la guerra". La scuola finì perché
tutti gli insegnanti si arruolarono. La sua prima fuga dalla guerra fu insieme
alla famiglia in quello stesso anno; infatti la regione dove vivevano era molto
vicina al Vietnam e i bombardamenti USA erano frequenti. La famiglia scappò
nella parte meridionale della provincia.
Nel 1975 durante il regime dei Khmer Rossi venne separato dal resto della famiglia.
Non li rivide fino al 1993 quando poterono rimpatriare dai campi profughi in
Thailandia. Lui invece era scappato vicino alla frontiera. Quando ritornò
era sposato e padre di quattro bimbi, con una formazione come medico. Mongkol
Borei è il villaggio natale di sua moglie.
"Ho lavorato qui con la Dhammayietra sin dall'inizio. In questo lavoro
c'è tristezza, sempre tristezza. Nessuna delle persone che assisto può
essere curata. Quando ne parlo con amici impegnati in altre associazioni, dico
loro che il mio lavoro è diverso. Quando mi sveglio, mi alzo al mattino,
vedo solo facce di persone che soffrono. I Khmer a volte dicono che le nostre
facce assomigliano alla tristezza delle persone che si affidano a noi. Ma questo
è proprio ciò che mi piace fare".
.Perché c'è gente che si impegna con la Dhammayietra? "Perché
sanno che si tratta di una cosa buona, puoi aiutare qualcun altro, qualcuno
che sta soffrendo. È un gran lavoro!"
Come si può aiutare qualcuno che sta morendo? "Per chi non si trova
ancora in condizioni molto gravi, possiamo dare farmaci per lenire il dolore;
ma questa è solo una piccola parte nel lavoro di assistenza. Aiutiamo
coloro che versano in gravi condizioni, parlandogli, incoraggiandoli e sostenendoli
emotivamente, spiritualmente e socialmente".
"Molte delle persone che visitiamo, specialmente i più giovani,
hanno paura. Hanno paura di morire. Temono che non ci sarà nessuno che
si prenderà cura dei loro figli dopo la loro morte. Chi sarà in
grado di aiutarli ad andare a scuola? Se un marito muore, ha paura che non ci
sarà nessuno che si prenderà cura della moglie, eccetto i figli".
"Nel nostro lavoro è davvero importante essere capaci di capire
il cuore, i sentimenti, delle persone che incontriamo, con cui stiamo. Se non
si comprende il cuore di una persona, quando poi dirà qualcosa non saremo
in grado di capire e risponderemo in un modo inutile. Questo succede perché
non sappiamo come ascoltare il cuore delle persone. Inoltre dobbiamo ascoltare
anche le famiglie che vivono con l'Aids, pure in loro c'è una grande
sofferenza. Orfani che hanno perso i genitori, donne che si trovano a condurre
la famiglia senza lavoro, senza terra, senza nulla. Sì, ci sono situazioni
davvero molto difficili".
Che cosa fate davanti a questi problemi? "A volte ci rivolgiamo al leader
del villaggio oppure parliamo con i volontari della croce Rossa che possono
organizzare raccolte di cibo o denaro soprattutto per i più poveri. Altre
volte ne discutiamo con i monaci o con l'anziano al tempio. Per i problemi scolastici
dei bambini c'è la ong Krusar T'mei che può dare un aiuto
l'Aids è un problema per l'intera società".
Che cosa vorresti dire ai nostri donatori? "Per me sarebbe difficile parlare.
Ma chiederei a coloro che ci sostengono di venire e vedere con i loro occhi.
Li accompagnerei nei villaggi perché vedano con i loro cuori. Li aiuterei
a capire che la sofferenza della Cambogia giorno dopo giorno diviene più
profonda".