Incontrarmi
con...
(due giorni di council)
di Patrizia Micoli
Incontrarmi con
l'esplorare, l'immergermi in qualcosa di sempre nuovo, in una sfida che ormai
da tempo mi accorgo non solo di accogliere ma anche di cercare, incontrarmi
con le parole e sfiorarle con lo stupore e la meraviglia della scoperta.
Il council è anche questo per me: ogni volta mi avvicino ad un nuovo
incontro con la felicità e la trepidazione di una bimba che si accosta
a nuovi compagni, con cui condividerà il "gioco", profondo,
per la totalità dell'impegno e insieme leggero perché non appesantito
da giudizi e ruoli mentre lì seduti in cerchio, per terra, sostenuti
dalla terra, raccontiamo storie che richiamano alla mente memorie sepolte, talvolta
tristi, altre dense di ricordi che solo una mente troppo indaffarata ha potuto
dimenticare.
Anche questa volta un fluire di emozioni e, mentre in macchina percorrevo le
strade verso la sede scelta, faceva ogni tanto capolino la speranza che il luogo
, importante cornice per sentirci a casa, mi piacesse. Ancora molti dei volti
con cui avrei vissuto quei due giorni mi erano ignoti, c'era però la
gioia, solo dopo si è affacciata la paura "mentale" di dire
cose sciocche, non interessanti per nessuno, la tentazione dei confronti, l'ansia
di fare bene, gioia e paura, dolore talvolta, entrambi portatori della stessa
qualità di autenticità, rivelazione di un altro mondo, quello
nato dal sì, dall'apertura e spesso lasciato in ombra. Non sapere e sentire
nel corpo una paura sottile, non poter sapere prima ciò che accadrà,
è la paura dell'altro che non conosco ma è anche la gioia che
mi apre al mondo meraviglioso che è ogni altro essere. E poi... finalmente
il coraggio di non prepararsi, di non pensare e lasciare che tutto sgorgasse
dal cuore, zampillasse spontaneamente e si offrisse per l'incontro con me stessa
e con gli altri, per essere lì, semplicemente.
Leon è stato lì, vicino, silenzioso con la sua qualità
di presenza non autoritaria, non invadente ma che sorregge e interagisce, sapevo
che osservava ma sentivo l'amorevolezza, la capacità di accogliere. Ero
emozionata per quella mia prima esperienza di training (come formatore in council)
ma sentivo la sicurezza di far parte di un processo benefico, di guarigione
reciproca e piano ho lasciato che una fiducia gioiosa mi guidasse per accompagnare
Leon man mano che mi esprimeva la direzione da prendere. Festosamente ma con
gioia solenne ho preparato, con l'aiuto degli altri, un centro da porre nel
cerchio, luogo sacro in cui ho acceso il fuoco, simbolo della purezza che parla
e che guida, e ho fatto, dal profondo del cuore, con la voce che diventava anch'essa
più profonda, più grave, la dedica iniziale (che le nostre parti
belle potessero fluire nel cerchio così da arricchirci l'un l'altro in
modo tale da poterle trasmettere anche fuori).
E poi è arrivato il momento di parlare delle quattro intenzioni del council,
non c'era batticuore ma il senso profondo dell'impegno preso nella mia vita,
era come ripeterlo a me stessa: parlare dal cuore, ascoltare dal cuore, non
dilungarsi con inutili parole, lasciare che ciò che vuole essere detto
sgorghi senza preparazione, con spontaneità. Ero commossa, felice di
ricordarmi il senso della mia scelta di autenticità, di volermi aprire
davvero a chi incontro per dare ed anche ricevere ciò che mi vuole offrire.
È questa la leggerezza equanime che sento quando mi siedo in cerchio,
che sia con una sola persona o con altri (sono tante le forme di council), è
la leggerezza che rende facile aprirsi agli altri per formare, come ho scritto
un giorno agli amici con cui ho condiviso questa esperienza" un campo d'amore,
uno spazio ampio in cui ognuno ha lasciato all'altro la possibilità di
essere ciò che è, dove ogni diversità è stata accolta
e vissuta come nutrimento e non come ostacolo, dove anche i dissensi, il caos,
sono stati rispettosi e trasformanti".
Ho scoperto nel council il contenitore in cui poter aprire la scatola magica
del mio cuore, in cui possono fluire le domande (c'è un tipo di council
che è fatto così: response council) senza che necessariamente
debba esserci la risposta, in cui sento gli altri ascoltando ciò che
sono e risuonando con loro, in cui poter guardare gli altri occhi senza paura
e, senza aspettative, offrire ciò che sono. È la scatola dei sogni
che contiene ciò che la mente non mi sa comunicare e che parlando dal
cuore emerge nel racconto del sogno notturno (spesso una delle domande è
di raccontare il sogno fatto durante la notte, senza interpretare), è
la trama delle storie (su membri della famiglia o su persone importanti nella
nostra vita). È il profumo di casa fatto di relazioni che sono tessute
della fiducia di darsi, anche con atti formali, che evocano la sacralità
di ciò che siamo e che manifestiamo nel preparare un centro ornato da
porre nel cerchio, un centro fatto di cura, attenzione, bellezza, elementi naturali
(fiori), profumi, oggetti significativi (talking piece, oggetto parlante che
teniamo in mano al momento di parlare, colui che ci rappresenta, ci fa riconoscere).
È il centro ricco delle nostre diversità pronto col fuoco del
nostro spirito ad accendere il processo sacro che magicamente cancella i confini
individuali.
Per me oggi è molto importante fare council, perché se è
vero che nella meditazione silenziosa ho lo spazio per incontrare e vivere ciò
che sono, anche grazie al council posso estendere maggiormente questo spazio
a ciò che mi circonda, alla mia cagnetta, alle persone con cui mi relaziono
e interagisco, all'essere bambina con la parte bambina dei miei figli nel raccontarci
storie, all'incontrare mia madre come una donna che voglio ascoltare, cui voglio
parlare senza il peso delle ferite reciproche che ci siamo fatte, alle persone
che amo senza cercare di piacere a tutti i costi ma lasciandomi vedere senza
difese e senza aspettative.
Incontrarmi con... la fine dei due giorni e la gratitudine per ciò che
ho vissuto e voler continuare a stare insieme per condividere ancora momenti
di semplice essere, e formare quindi un gruppo che ogni quindici-venti giorni
si dà il tempo di ascoltarsi.