La
pratica del council
di Jack Zimmerman e Virginia Coyle
Alla fin fine, è difficile descrivere ciò che succede durante una seduta di council. Come è anche vero per altre forme di cerimonia senza tempo e in continua evoluzione, anche la magia del council opera in modi misteriosi.
Avete mai fatto
caso a cosa succede quando prestate veramente attenzione a quello che dice un'altra
persona o al rumore prodotto dal fruscio notturno di un animaletto fra i cespugli
o, ancora, allo stormire del vento fra gli alberi? A quando ascoltate senza
reagire, senza alcuna l'intenzione di rispondere, a quando si ascolta senza
essere influenzati da immagini, da memorie antiche o da ostinati preconcetti,
ma si ascolta invece con la mente di principiante o come un bambino che ascolti
una favola?
La maggior parte di noi raramente ascolta in questa maniera. Nei dialoghi o
nei gruppi di discussione la nostra risposta inizia generalmente a formarsi
ben prima che gli altri abbiano terminato di parlare. Anche di fronte all'indomita
presenza della natura, una mente troppo concentrata su se stessa si coprirà
le orecchie (e anche gli occhi) di fronte a ciò che le sta accadendo
intorno.
Non è sempre stato così. Non molto tempo addietro, prima che le
nostre orecchie si abituassero a stimolazioni sempre più numerose, in
molti erano capaci di ascoltare attentamente in uno stato di perfetta immobilità.
Per esempio, mentre inseguivano un animale o riuscivano a prevedere l'arrivo
della pioggia - o mentre partecipavano a una sessione di council, sedendo in
un gruppo di pari, animati tutti da motivazioni simili. Quando riceviamo la
grazia di saper ascoltare in questa maniera dedicandoci a questa pratica, cresce
la nostra capacità di empatia ed entriamo in un mondo di spontanea auto-scoperta
e alla fine giungiamo a riconoscere la nostra inseparabile connessione con ogni
altra forma di vita. Insomma, come direbbe un quacchero, "Se si ascolta
con devozione, il cuore si apre".
Quelli che hanno avuto la fortuna da bambini di ascoltare delle storie, conoscono
queste trasformazioni del cuore. La narrazione è infatti uno dei sentieri
più sicuri di comunione tra gli esseri umani fin dal tempo della creazione
del linguaggio. Non ci dovrebbe sorprendere che Gesù ritenesse che le
parabole fossero il modo più efficace per condividere gli insegnamenti
con i suoi discepoli e che ammonisse i suoi ascoltatori dicendo: "Venite
a me come bambini". Quando ascoltiamo delle storie, il bambino che è
in noi si risveglia e ci guida verso uno stato di unità naturale nel
quale è possibile abbandonare l'illusione dei confini che separano mente,
corpo e spirito. Nelle culture che venerano la terra, questa esperienza di unità
viene mantenuta soprattutto mediante il racconto di storie capaci di rinnovare
il contatto con gli dei e i demoni tribali e le pratiche di iniziazione alla
comunità.
In tempi più recenti, la comprensione scientifica del processo dell'ascolto
si è molto arricchita. Studi fisiologici contemporanei hanno rivelato
che esiste una connessione tra il meccanismo ricettivo dell'orecchio e gli stimoli
dei centri dell'apprendimento e dell'immaginazione nel cervello. Il fisico francese
Tomatis (1), per esempio, descrive come si inizi a percepire il senso
di sé nel ventre materno proprio con lo sviluppo del sistema uditivo
verso i quattro mesi. L'iniziazione primaria avviene attraverso i suoni della
madre, particolarmente quelli che produce cantando o raccontando storie al figlio
ancora non nato. Tomatis ha scoperto che dopo la nascita le capacità
e il senso di benessere del figlio aumentano in rappporto all'abilità
individuale di portare il processo uditivo in una condizione di attenzione totale,
soprattutto nei confronti della madre. Tomatis suggerisce che il suono della
voce della madre nell'utero diventa (soprattutto a livello inconscio) un faro
per il resto della vita.
Nelle culture dove fa parte della tradizione che le donne cantino e raccontino
storie ai bambini prima della loro nascita, questi risulterebbero essere poi
relativamente inseriti e crescere privi di ansie. Nel suo lavoro, l'autore sostiene
che prestare piena attenzione mentre si ascolta - invece di un ascolto distratto
- è di fondamentale importanza per il risveglio creativo e spirituale.
Non conosciamo un modo più efficace di risvegliare questo tipo di ascolto
di quello che abbiamo chiamato "Council Process" e che da molti anni
viene praticato alla Ojai Foundation. Programmi di council sono stati avviati
in numerose scuole elementari e superiori in tutti gli Stati Uniti così
come in molte organizzazioni, comunità e aziende.
La saggezza suscitata dal "sedere in un circolo" è esistita
in molte culture da tempo immemorabile ed è giunta fino al nostro secolo,
sul continente americano, soprattutto grazie agli anziani e alle donne. L'origine
del council può essere ricondotta alla Lega degli Irochesi, che ebbe
tanta influenza sugli inizi del nostro attuale sistema democratico, così
come ai Popoli delle pianure e ai Pueblos del sud-ovest. Le radici del council
si possono ritrovare anche nella cultura greca classica, addirittura in un'opera
come l'Iliade (2).
La via del council è stata abbracciata anche dalla Chiesa dei Nativi
d'America e come modalità per risolvere i conflitti nella tradizione
degli Ho'opono Pono delle Hawaii. A partire dal 1979, abbiamo integrato alcune
pratiche tradizionali di council con tecniche moderne per chiarire e migliorare
le dinamiche di gruppo.
Anche noi, come molti, siamo preoccupati per la superficiale e inappropriata
tendenza ad appropriarsi delle tradizioni di un'altra cultura. Ma intendiamo
manifestare la nostra riconoscenza per quanto abbiamo imparato dagli insegnamenti
delle diverse popolazioni di nativi d'America e dai nostri stessi antenati.
In quanto statunitensi vogliamo celebrare l'amalgama che abbiamo nel sangue,
le nostre radici e la nostra comprensione. Abbiamo imparato molto dalla nostra
esperienza individuale e comunitaria qui e in altre culture, così come
dalla nostra personale connessione con la natura e il luogo in cui viviamo.
Il council è per noi una pratica spirituale che nasce dalle nostre storie
personali, una pratica in cui cerchiamo di esprimere la sacralità della
vita nella sua interezza. (...)
Alla fin fine, è difficile descrivere ciò che succede durante
una seduta di council (3). Come è anche vero per altre forme di
cerimonia senza tempo e in continua evoluzione, anche la magia del council opera
in modi misteriosi. Ci ricordiamo per esempio di una volta in cui provammo la
netta sensazione di venire nutriti dalla saggezza di un antico circolo di saggi
riunitisi per prendere un'importante decisione per tutta la tribù. Poi,
poco dopo, fu chiaro che, sviluppando la pratica dell'ascoltare e del parlare
dal cuore, stavamo seminando il futuro del council per permettere a coloro che
non erano ancora nati di poterci seguire. La sensazione di interdipendenza che
si provava all'interno del circolo era viscerale e comunicava la nostra inseparabile
connessione sia con il passato che con il futuro. Il council sembrava possedere
una vita evolutiva tutta sua, una vita la cui presenza era a volte palpabilmente
percepibile, anche se il descriverla supera la nostra capacità di espressione.
Questa sensazione di interdipendenza può estendersi al di là del
tempo e dello spazio che ci sono familiari per includere altre culture o anche
altre specie viventi. Un gruppo diverso può diventare un microcosmo di
un ecosistema più grande composto di animali, piante e paesaggi. Noi
cerchiamo di considerare ogni persona all'interno del circolo come il rappresentante
di un'altra cultura o di un'altra specie, il cui intrinseco valore è
dato proprio dalla sua unica presenza. Quando accade, possiamo percepire la
nostra umanità come parte di un organismo maggiore e realizzare una profonda
connessione con ogni altra forma di vita. Un esempio molto significativo di
questa connessione avviene nel Council di tutti gli esseri senzienti, un metodo
sviluppato da Joanna Macy e da John Seed (4).
Il principio dell'interdipendenza viene ulteriormente sostenuto dalla qualità
della guida che emerge durante il council. Il modello da molto tempo predominante
di autorità gerarchica tende a venire rimpiazzato da un forte impegno
verso la relazione tra pari, analogo a quello praticato da alcune culture tradizionali
che onorano la terra (5).
Di estrema importanza è anche il luogo dove si svolge la seduta di council.
Sia che vi riuniate sulla vetta di una montagna, in una classe o sulla riva
del mare, il luogo influenzerà lo sviluppo del processo. Entrare in contatto
con gli abitanti e con la storia locale permette spesso di approfondirlo. Scegliere
un ambiente in cui l'intero circolo si sente a proprio agio e dove non si dovranno
subire interruzioni aiuta a creare un senso di sacralità per il luogo
dove si svolge il council.
Da un punto di vista psicologico, il Council offre una rara opportunità
di vedere se stessi riflessi nell'interazione con un circolo di altre persone.
Di conseguenza, per ognuno di noi il circolo diviene la manifestazione vivente
dei molti aspetti del Sé più ampio, in maniera molto simile a
come Jung vedeva la famiglia (particolarmente durante i sogni) come ciò
che rappresentava il potenziale per aumentare la consapevolezza del Sé.
In contrasto con
il nostro modello autoritario, il processo del transfert nel council investe
l'intero circolo piuttosto che un singolo individuo (per esempio un terapeuta,
un prete o un insegnante). E così il senso di intimità, di connessione,
di fiducia e la guarigione che risulta da tutto ciò, avvengono con una
dipendenza minore di quanto non accada in rapporti di relazione con persone
che rivestono una qualche autorità (o meglio ogni relazione primaria).
Quando un council funziona, gli altri sono visti come veri compagni o come veri
"co-cuori" come era solito dire un vecchio amico e praticante. Ci
viene offerta la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande
di noi stessi, qualcosa che non solo ci offre ristoro ma che ci invita anche
a crescere, e che viene descritto dagli antichi, per esempio, come il "grande
corpo" o da Jung come il Sé che occupa il centro del suo modello
della psiche.
Chi partecipa a un council, prova spesso l'esperienza di trovarsi in un "circolo
di specchi", nel quale la storia o la condivisione di ogni persona rappresentano
un'immagine riflessa di alcuni aspetti della propria esperienza - familiare
ma anche sufficientemente differente da permetterci di investirla di nuova luce.
A volte gli specchi possono riflettere un'immagine oscura, mostrandoci così
una parte di noi che preferiremmo non vedere in quel momento. Ma, nella pratica
del council, la verità viene normalmente comunicata in maniera gentile.
E così siamo meno pronti a fuggire e a bloccare riflessioni che possono
portare luce su ciò che dovrebbe essere visto. La capacità del
council di renderci capaci di tali passi dipende dalla volontà e dal
coraggio di tutti i partecipanti di voler affrontare le proprie ombre individuali
(e collettive), per dirigersi poi direttamente al centro dei problemi che sono
emersi ed esplorarne gli angoli più reconditi. L'abitudine di evitare
le ombre, di cui nelle normali interazioni è assai più difficile
rendersi conto, viene più facilmente identificata e superata nelle sessioni
di council, per la sensazione di sicurezza che nasce dalla pratica dell'attenzione
sincera. In breve, il council offre una vera opportunità per permettere
a tutti i partecipanti di rimanere onesti.
Come negli antichi circoli degli anziani (e forse anche nelle scuole misteriche),
ogni membro del council scopre che tutti portano un pezzo di verità al
circolo - di per sé fondamentale ma che costituisce comunque solo una
parte del tutto. La passione per il nostro personale modo di vedere le cose
viene condivisa senza attaccamento e la nostra posizione viene poi lasciata
in mano alla verità più ampia di tutto il circolo. Quando un council
funziona, tutti i partecipanti percepiscono questa verità senza provare
alcuna minaccia alla propria identità personale e senza subire la "tirannia
della collettività". Tutti riconoscono ciò che sta realmente
accadendo e vedono il sentiero verso la "retta azione", spesso più
o meno nello stesso momento, e di solito a ciò si accompagna la gioia
particolare che si ha quando si condivide una stessa visione.
L'esperienza della realizzazione simultanea e comune non deve essere confuso
con il processo democratico così caro al nostro idealismo politico. Nel
council raramente viene determinata quale sia la posizione della maggioranza,
mediante un voto per esempio. A volte un singolo individuo a contatto con la
verità più ampia - e che sia capace di riflettere questa visione
nel council - può aiutare l'intero circolo a focalizzarsi. In più
occasioni, abbiamo avuto modo di vedere dei bambini essere i portatori di verità
in un council composto dai suoi parenti.
Per dirla semplicemente, l'essenza del council si trova nella diretta partecipazione
con i nostri compagni nella realizzazione dell'unità del circolo. L'interdipendenza
fra i membri del council diviene poi una realtà profondamente vissuta
che ci libera dai vincoli dell'egoismo e che apre le porte a una viva co-creazione.
NOTE
(1) About the Tomatis Method, a cura di Gilmor, Madaul e Thompson,
The Listening Centre Press, 1989.
(2) Vedere, per esempio, The Anger of Achilles: Homer's Iliad nella traduzione di Robert Graves, Doubleday, 1959. Nella scena di apertura (pagina 44) dell'interpretazione di Graves, si trova un council in cui si era ricorsi a una "bacchetta magica incastonata d'oro " nel tentativo di risolvere la violenta disputa tra Achille e Agamennone.
(3) Questo fatto è all'origine della produzione di un video intitolato Speaking from the Hearth, filmato da e a cura di James Seligman nel 1997. Questo video che è disponibile presso la Ojai Foundation, descrive il progetto di Council alla Palms Middle School di Los Angeles
(4) Thinking
Like a Mountain: Towards a Council of All Beings,
di John Seed, Joanna Macy, Arne Naess e Pat Fleming,
New Society, 1988.
(5) Si veda per esempio The Chalice and the Blade, di Riane Eisler, Harper & Row, 1987.
Tratto dall'opuscolo "Council" di Jack Zimmerman
e Virginia Coyle, a cura dell'Ojai Foundation, 1990.
Traduzione italiana a cura de La Rete di Indra.