Per la dignità e i diritti
alla fine della vita


di Donatella Carmi Bartolozzi

Il 21 gennaio del 2003 a Firenze si è presentata al pubblico FILE, Fondazione Italiana di Leniterapia, a sostegno e per la diffusione delle Cure Palliative Italiane.


Lo Statuto della Fondazione, che è una fondazione di comunità di modello anglosassone (ovvero creata dall'apporto di numerosi soci fondatori), è chiara sugli obiettivi per cui è nata:
a) garantire la qualità e la dignità della vita a persone affette da malattia evolutive inguaribili in fase avanzata, secondo i principi della leniterapia o medicina palliativa.
b) Sostenere ed allargare l'assistenza ai malati collaborando con strutture pubbliche e private e favorendone la nascita di nuove.
c) Promuovere la formazione attraverso ricerche, studi e corsi finalizzati a migliorare la qualità dell'assistenza.
d) Promuovere la cultura delle Cure Palliative e diffonderla in ogni ambito
e) Promuovere la creazione e gestione di Centri Residenziali di Cure Continue (Hospice) per malati che non possono essere seguiti nelle loro case.
La Fondazione ha fra i soci fondatori persone che, con ruoli diversi, vogliono dare il loro contributo in questo campo sia da un punto di vista culturale sia scientifico: sono medici, comunicatori, avvocati, imprenditori, liberi professionisti, volontari.
Il mio contributo a FILE, che rappresento, deriva dalla mia personale esperienza di volontariato nell'assistenza in Cure Palliative, un volontariato nel cui mondo sono vissuta ed in cui ho operato senza soluzione di continuità dal 1991 ad oggi. Infatti sono tuttora volontaria e sono coordinatrice di un gruppo di volontari di FILE che lavorano a disposizione dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze, di cui è responsabile medico Piero Morino, anch'egli socio fondatore e animatore di questa iniziativa.
La mia è, dunque, un'esperienza fatta sul campo, all'interno di un'équipe di un servizio pubblico, multidisciplinare, in cui anche la figura del volontario ha una collocazione ed un ruolo ben definito, diciamo di "pari dignità" sia all'interno del gruppo di lavoro sia nella relazione con la persona malata e la sua famiglia.
Credo quindi di costituire la voce di quella società civile che si è impegnata nella grande sfida delle Cure Palliative, con un ruolo non strettamente professionale, anche se sono convinta che il volontariato possa incidere sulla realtà in cui opera solo acquisendo quella professionalità derivata da formazione ed esperienza che lo rende credibile ed attendibile.
La mia presenza accanto ai malati ed alle loro famiglie (talvolta in situazioni in cui il dolore, la solitudine e la disperazione procurati dalla malattia inguaribile, rappresentano solo l'ultimo gradino di una vita faticosa e sofferta), ha costituito per me la vera spinta verso un impegno organizzativo più complesso, in quanto ho accettato di rappresentare una Fondazione che opera per le Cure Palliative o Leniterapia, come le abbiamo rinominate.
Per fare questo ho dovuto operare anche su di me un cambiamento: dal serio ma in qualche modo nascosto lavoro di volontario nell'assistenza, (gratificato talvolta solo dal fatto di porsi in un'ottica di servizio per gli altri) ho dovuto assumermi, talvolta con difficoltà, anche un ruolo diverso, ovvero quello di testimone presso i più vari ambienti della società civile e presso le Istituzioni, di quella Cultura del Sollievo e del Rispetto della persona in cui tutti coloro che si occupano di Cure Palliative o Leniterapia credono e che è la vera motivazione (unita a quelle più strettamente personali) per cui, con ruoli diversi, operano in questo campo.
È stata proprio l'esperienza con i malati a farmi capire giorno per giorno l'importanza di tutti quei valori e concetti su cui si basano le Cure Palliative e di quanto sia importante e necessario:



Nel mio lavoro di volontariato, infatti, ho constatato che, malgrado la presenza di operatori preparati e capaci talvolta è proprio la famiglia, impreparata ad accettare l'idea della morte del proprio caro, disinformata sulle cure di fine vita e con forti preconcetti sull'uso della morfina e dei sedativi, a creare barriere all'aiuto che le Cure Palliative possono offrire per influire su una buona morte del malato, le stesse barriere costituite dalla totale mancanza della famiglia o di strutture adeguate che potessero accoglierlo offrendogli tutte le cure necessarie.
La profonda convinzione che il processo del morire faccia parte di quello più ampio del nostro vivere, l'esigenza di una seria riflessione su quale diverso valore abbiano per ogni essere umano la sofferenza ed il dolore, l'importanza che va attribuita alla qualità della vita fino agli ultimi istanti, tutti questi temi impongono di operare sulla cultura: per questo va favorita una pedagogia sociale della finitezza della vita, come recita la Carta di Pontignano, un documento stilato un anno fa, alla conclusione di un Seminario organizzato dalla Regione Toscana ed in cui si sono riuniti operatori e professionisti per riflettere sull'Etica e sulle Cure alla fine vita. Nello stesso tempo va tutelato il diritto che ogni essere umano ha di non vivere un dolore inutile, quella "pena in più del malato", come la chiama Sergio Zavoli, che può essergli risparmiata attraverso un corretto controllo dei sintomi, attraverso la vicinanza affettiva, attraverso gesti e movimenti sapienti e amorevoli, attraverso l'attento ascolto delle sue esigenze, delle sue necessità, delle sue volontà.
A Firenze le Cure Palliative sono presenti da quasi 20 anni. Oltre alle associazioni no-profit è stata principalmente l'Azienda Sanitaria Fiorentina a favorire la crescita di questi servizi. Mancava però in Toscana un punto di riferimento che fosse attivo non solo nel supportare l'assistenza, ma soprattutto la cultura, la formazione, l'informazione e la ricerca, e che potesse aprirsi a collaborazioni con altre istituzioni ed organizzazioni pubbliche e private su progetti italiani ed anche stranieri.
FILE si è presentata per la prima volta meno di un anno fa', con un termine nuovo "leniterapia", termine che non si propone come alternativo ma solo rafforzativo ed a disposizione delle Cure Palliative, nome scientifico, internazionalmente riconosciuto.
La nostra è stata una proposta per la lingua italiana e per la comunicazione, in quanto ci sembrava che il termine "LENITERAPIA", a cui anche l'Accademia della Crusca ha dato la sua certificazione, potesse essere messo al servizio delle Cure Palliative per essere compreso immediatamente da un pubblico più vasto e meno preparato di quello degli stretti addetti ai lavori, nel tentativo di ampliarne la diffusione.
Il lenire la sofferenza di un malato senza più speranza di guarigione, prendersi cura della sua persona fino in fondo e non più necessariamente curare la malattia, rappresenta quella TERZA VIA che le Cure Palliative e quindi la Leniterapia hanno da sempre voluto percorrere, attraverso tecniche e terapie mediche ma anche attraverso un approccio culturale che non è esclusivo di un'unica disciplina: una via che dia alla persona malata la possibilità di vivere una fine vita dignitosa, lontana da accanimenti ma anche da abbandoni terapeutici
Il concepire il morire come un atto fisiologico, anche se doloroso e significativo della perdita di sé ci dà la possibilità di pensarlo ed anche, forse, di viverlo come parte della vita e non come la sua negazione. Il vivere questo processo con consapevolezza, affrontare la propria morte "ad occhi aperti", (come dice Marguerite Yourcenar, nelle parole finali di "Memorie di Adriano") può far sì per taluni che anche gli ultimi tempi della vita, se risparmiati dal dolore, possano rappresentare il compimento della stessa.
La Leniterapia, come ben sappiamo, offre praticamente questa possibilità che costituisce anche un'opera di prevenzione per chi sopravvive, per l'equilibrio e la serenità della sua vita futura.
È proprio la società civile, dunque che va " formata" e che deve assumersi il compito etico sia di posizionarsi per il rispetto di chi muore che di operare a tutela della dignità del morire.
E questo anche attraverso un Volontariato PROFESSIONALIZZATO, COOPERATIVO, INTEGRATO con la varie forze che operano in questo campo e che danno priorità alla qualità del loro intervento, ma anche PROPOSITIVO e AGILE a livello istituzionale.
Lavorando in Cure Palliative ho una profonda fiducia nel lavoro d'équipe. Nello stesso modo credo che società civile in generale, volontariato, mondo medico, società scientifica, scuola e mondo dell'istruzione e media possano operare a questo fine creando "insieme" occasioni e momenti di collaborazione che favoriscano la realizzazione ed il successo di quello in cui crediamo: oltre che impegnarci nel dare aiuto all'umanità sofferente vogliamo metterci a disposizione della società per dare un contributo alla sua crescita.