Abbiamo tutti
le stesse corna
di Gianpietro Sono Fazion
Sugli alti pascoli
dell'Himalaya, viveva un giovane guardiano di yak. Trascorreva le giornate all'aperto,
attorniato dai suoi grossi animali, incurante del calore del sole e dei gelidi
venti che attraversavano l'altopiano. In solitudine, non lontano, abitava un
lama. Il giovane si recò un giorno da lui per chiedergli di guidarlo
sulla via spirituale. Il lama lo invitò semplicemente a meditare. "Dato
che sei un guardiano di yak" gli disse, "concentra la tua mente su
uno yak senza stancarti". Il giovane si ritirò in una grotta vicina
e cominciò a meditare secondo le indicazioni del maestro.
Passato un certo tempo, il lama si recò alla grotta del giovane: tutt'intorno
pascolavano pacifici yak. Chiamò più volte, ma non usciva nessuno.
Affacciatosi sull'entrata, vide che il giovane muoveva la testa come per districarsi
da qualche cosa, dicendo: "Vi prego di avere pazienza. Non riesco a muovermi
speditamente: le corna me lo impediscono".
In questo strano tempo in cui solo il disorientamento sembra interessare, capita
di frequente che molti si rivolgano a centri, maestri, guru che non di rado
promettono, dai vistosi manifesti visibili nelle nostre città, di condurre
a mirabili stati mentali e a prodigiose guarigioni. Si entra allora in un piccolo
mondo composto di iniziati, che si ritrovano a scadenze fisse a meditare in
un ambiente orientaleggiante. Il banale quotidiano è lasciato là,
dietro la porta.
E dietro la porta è abbandonato a se stesso questo mondo, salvo poi,
in tempi diversi, risvegliarsi e scoprire che si è sognato un sogno fuori
dal mondo, quando invece si poteva sognare come Gandhi e Francesco, un sogno
dentro il mondo.
È un problema che si è posto anche al Buddha: seduto in meditazione
presso alcuni grandi yogi del suo tempo, raggiungeva in breve alti stati estatici.
Ma quando riprendeva la sua vita normale, la sofferenza insita nell'esistenza
riappariva nella sua visibile concretezza. Solo più tardi scoprì
una via alla consapevolezza che permette di accogliere gli eventi piacevoli
o spiacevoli con partecipazione equanime, serena. Fuggire la realtà di
questo mondo in nome della realtà di un altro mondo è fuggire
tutta la vita, perché le due realtà sono una.
Meditazione è lo stato che mi fa accogliere con consapevolezza la solitudine
di Abdullah Doumi, annegato nel Po alcuni anni fa, e la solitudine di coloro
che lo hanno ucciso. La meditazione non è altro dal mondo.
L'indicazione del lama a meditare su uno yak è positiva: in effetti,
nell'altopiano deserto, a parte le corna del lama che solo gli yak potevano
vedere, l'unico a non sapere di avere le corna era il giovane: ciò poteva
essere interpretato dagli yak come una separazione, una mancanza d'amore. Immobile
nella grotta, sorge in lui la coscienza dell'unità di tutti gli esseri.
Egli è lo yak, lo yak è lui: non diversamente il lama, le alte
cime, le albe e i tramonti dell'Himalaya. Si partecipa un comune sentire, si
coglie solidale amicizia. Quando affermo che la meditazione serve a far venire
le corna, mi prendono per matto e scappano via. Questo fa di me un guru senza
discepoli.
da:
I canti perduti degli angeli
di Gianpietro Sono Fazion
Edizioni Piemme, 2001 euro 7,75.
Ringraziamo l'editore per la gentile autorizzazione a pubblicare questo capitolo.