COMMUNITY BUILDING
Il corpo nel
Community Building
TESTIMONIANZA
Partecipare a un
seminario di community building significa rimanere seduti su una sedia
per due giorni e mezzo.
Apparentemente questo tipo di lavoro non sembra tenere in grande considerazione
il corpo. Lo strumento principale utilizzato è infatti la comunicazione
verbale. Si sta seduti in cerchio con altre persone e quando ci si sente "mossi
a parlare" si parla. Naturalmente si è aiutati in questo processo
da indicazioni sulla comunicazione, ma questa sembra essere fondamentalmente
di tipo verbale e il corpo sembra rimanere confinato sulla sedia.
Nel dicembre scorso ho partecipato per la terza volta a un'esperienza di community
building e anche in questa occasione mi è capitato di sentire
qualcuno nel gruppo che lamentava la mancanza di movimento fisico o qualcun
altro che all'interno del cerchio proponeva di utilizzare il corpo per entrare
in comunicazione con le persone, "diamoci la mano", "facciamo
una danza" o cose del genere.
Personalmente penso di aver capito che il vero lavoro che occorre fare nella
costruzione della comunità è quello del sentire
e dell'entrare dentro di sé. La comunicazione autentica ne è
la conseguenza, il dono, il frutto.
E a questo punto il corpo diventa, paradossalmente, uno strumento fondamentale
perché, nella mia esperienza, io sento soprattutto attraverso il corpo.
Per me partecipare a un lavoro di gruppo di questo tipo significa rendere molto
sensibile il corpo. Questa sensibilità si manifesta fin dall'inizio attraverso
forme di benessere o malessere fisico immediate, attraverso sensazioni precise
(groppo allo stomaco, batticuore, tensione, stanchezza), attraverso la postura.
In queste occasioni il mio corpo mi dice in maniera molto diretta e primitiva
ciò che è buono e ciò che non è buono per me, ciò
che mi fa stare bene e ciò che mi fa stare male. Il fatto che la parola
sia il principale strumento di comunicazione in questo tipo di esperienza, può
rappresentare una grossa fatica e anche una fonte di sofferenza per il corpo.
Perché il corpo, quando sente, ha bisogno di comunicazione autentica,
di qualunque tipo essa sia. E allora la parola autentica - che nasce dal raccoglimento,
che si manifesta quando si è in grado di lasciarle spazio, di farla emergere,
di non arrestarla - fa bene e questo lo percepisco immediatamente a livello
fisico. Per contro, la parola non autentica, che potrei anche definire periferica,
alla quale siamo così assuefatti nella nostra quotidianità, in
quello stato di maggiore sensibilità, viene riconosciuta immediatamente
dal corpo e fa male.
Dico che viene riconosciuta immediatamente dal corpo, prima ancora che dalla
mente, che abituata com'è a interpretare, giustificare, criticare, analizzare,
ecc
, può essere facilmente fuorviata e ingannata.
Per quanto mi riguarda ho visto il mio corpo accasciarsi sulla sedia per la
noia, lo sfinimento, la mancanza d'interesse per poi rivitalizzarsi e animarsi
e poi di nuovo accasciarsi e poi rianimarsi, a seconda degli interventi, a seconda
della mia capacità di esprimere quello che sento o trattenerlo.
Spesso alla fine di un'esperienza di community building ci si sente molto
stanchi fisicamente.
Nonostante non sia contemplato sforzo muscolare o attività fisica di
qualsiasi tipo, questa sembra essere una situazione molto impegnativa per il
corpo che quindi va aiutato: sedie comode, un ambiente gradevole e luminoso,
possibilità di passeggiare o di rilassarsi nel verde durante le pause,
cibo adeguato. Perché il corpo dovrà sopportare tutto il disagio
della pseudo-comunità e tutta la disarmonia e la tensione del
caos per poi approdare, quando va bene, al benessere, all'integrità e
alla pace della comunità.
Marinella Grosa