Per un'ecologia
mentale e spirituale
di Leonardo Boff
Il 7 dicembre
2001 Leonardo Boff, uno dei fondatori della Teologia della Liberazione, ha ritirato
a Stoccolma il Premio Right Livelihood (Premio per il diritto al sostentamento),
meglio noto come Premio Nobel Alternativo.
Il premio, pensato per chi lotta contro le radici della violenza nel mondo,
è stato assegnato anche all'associazione israeliana Gush Shalom per il
suo impegno a favore della pace tra israeliani e palestinesi; al venezuelano
José Antonio Breu, fondatore del Sistema Nazionale delle Orchestre di
bambini e giovani, per aver portato la musica tra i più poveri e all'organizzazione
inglese Trident Ploughshares 2000, per la sua lotta nonviolenta contro le armi
nucleari.
Riprendiamo da Adista l'intervento di Leonardo Boff.
Più che
premiare una persona il premio Right Livelihood premia una causa. Qual
è la causa che muove tutta una generazione di cristiani nel Terzo Mondo,
tra i quali mi inscrivo come teologo brasiliano, nella periferia dei grandi
centri metropolitani di riflessione, già da più di 30 anni? È
la causa dei condannati della Terra che costituiscono la grande maggioranza
dell'umanità.
Alla fine degli anni '60 tutta una generazione di cristiani e teologi si sono
posti e ancora si pongono la questione: come annunciare l'amore e la misericordia
di Dio a milioni di esseri umani che soffrono la fame e sono condannati ad essere
non-persone? Solamente annunciando un Dio vivo e liberatore, alleato dei poveri
e degli esclusi, possiamo dire senza cinismo e nella verità: Egli è
effettivamente un Dio buono e misericordioso. Le parole dell'Esodo sono state
attualizzate per la nostra generazione: "Ho udito l'oppressione del mio
popolo, ho udito le sue grida di afflizione, conosco le sue sofferenze. Sono
sceso per liberarlo... Ora va', ti invio a liberare il mio popolo" (Es
3,7-10). Queste parole sono state dirette a ciascuno di noi, a ogni Chiesa,
a ogni coscienza minimamente etica e umanitaria.
Dio abita, sì, in una luce inaccessibile. È un mistero insondabile
con cui non possiamo giocare. Ma di fronte alla sofferenza umana, lascia la
sua trascendenza, prende partito per gli oppressi contro i loro oppressori e
decide di intervenire, di animare profeti come Osea e suscitare leader come
Mosè, per liberare i suoi figli e le sue figlie umiliati ed offesi.
Negli anni '70 gli oppressi erano i poveri dal punto di vista economico e proprio
allo scopo di raggiungere minime condizioni di vita e di lavoro si formulò
un processo di liberazione sociale e politica alla luce della fede.
Negli anni '80 sono emersi gli indigeni e i neri come gli oppressi storici dei
nostri popoli, animati ad essere essi stessi soggetti della loro liberazione.
Negli anni '90 si è posto l'accento sulla singolarità dell'oppressione
delle donne che da millenni sono sottomesse al potere patriarcale e rese invisibili
nella società. Le donne che cercano di essere soggetti storici su un
piano di uguaglianza rispetto agli uomini, diverse e complementari. Tutti costoro
gridano per la vita e la libertà. Settori importanti delle Chiese storiche
si sono organizzati per rispondere al grido degli oppressi. E lo hanno fatto
attraverso la prassi liberatrice delle comunità ecclesiali di base (solo
nel mio Paese ne esistono centomila), di innumerevoli centri di difesa dei diritti
umani, delle pastorali sociali per la terra, la casa, la salute, l'educazione
e la sicurezza, mediante la lettura popolare e liberatrice della Bibbia.
La riflessione che si è condotta a partire da questa prassi si chiama
Teologia della Liberazione. È la teologia delle Chiese che hanno preso
sul serio la questione dei poveri e degli esclusi. Per questo è presente,
oltre che in America Latina, in Africa, in Asia e nei gruppi impegnati per la
giustizia internazionale, per la causa femminile e per l'ecologia nei Paesi
ricchi.
La Teologia della Liberazione ha tentato con successo di mostrare come la fede
giudaico-cristiana possa essere un elemento di mobilitazione sociale in funzione
di cambiamenti profondi nella società che portino più giustizia
per tutti, più partecipazione per gli emarginati e più dignità
per coloro che sono ingiustamente umiliati. La rivoluzione non è monopolio
del marxismo e delle tradizioni politiche contestatarie. Un cristiano in quanto
cristiano può essere un autentico rivoluzionario. Siamo eredi di qualcuno
che in ragione del suo annuncio e della sua prassi liberatrice è stato
perseguitato, arrestato, torturato e crocifisso. La sua resurrezione significa
un'insurrezione contro l'ordine di questo mondo che legittima discriminazioni,
sacralizza privilegi e rende impossibile la convivenza nella giustizia, nella
cura, nella compassione e nella pace.
Non sono solo i poveri e gli oppressi a gridare. Gridano le acque, gridano gli
animali, gridano le foreste, gridano i soli, grida, infine, la Terra come super-organismo
vivo, come Gaia. Gridano perché sono sistematicamente aggrediti. Gridano
perché non si riconosce loro autonomia e valore intrinseco. Gridano perché
sono minacciati di estinzione. Ogni giorno circa 10 specie di esseri viventi
scompaiono a causa dell'aggressività crescente del processo industriale
contemporaneo.
La stessa logica che sfrutta le classi e soggioga le nazioni, depreda gli ecosistemi
e sfianca il Pianeta Terra. La Terra, così come i suoi figli e le sue
figlie impoveriti, ha bisogno di liberazione. Tutti viviamo oppressi sotto un
paradigma di civiltà che ci ha esiliato dalla comunità di vita,
che si relaziona con la violenza contro la natura e che ci fa perdere l'atteggiamento
riverente di fronte alla sacralità e alla maestà dell'universo.
Ci dimentichiamo di essere un anello dell'immensa corrente di vita e di essere
corresponsabili del destino comune dell'umanità e della Terra.
È da queste percezioni che è nata una teologia ecologica di liberazione.
Secondo questa teologia, l'ingiustizia sociale si trasforma in ingiustizia ecologica
perché tocca la persona e la società che sono parte e particella
della natura. Non basta un'ecologia ambientale che si prenda cura appena del
contesto umano. Abbiamo bisogno di un'ecologia sociale che rieduchi l'essere
umano a convivere con la natura e a relazionarsi con essa in maniera cooperativa
e fraterna.
Abbiamo già operato troppi interventi sulla natura e contro di essa.
Abbiamo modificato la base fisico-chimica della Terra. Quello di cui abbiamo
bisogno, urgentemente, è di modificare la nostra mente e il nostro cuore.
Se vogliamo salvare la biosfera e garantire un futuro felice per tutti, abbiamo
la necessità di un'ecologia mentale e spirituale. La Terra è malata
perché noi, come individui e come società, siamo spiritualmente
malati. Nelle nostre menti e nei nostri cuori c'è troppa arroganza, volontà
di potere come dominio, tendenze alla discriminazione, alla sottomissione e
alla distruzione dell'altro. Il progetto della tecno-scienza che tanti benefici
ha portato alla vita umana, ha permesso la comparsa del principio di autodistruzione.
La macchina di morte già costruita può devastare tutta la biosfera
e rendere impossibile il progetto planetario umano. Abbiamo bisogno, in risposta,
di creare il principio di corresponsabilità e di cura per tutto ciò
che è e per tutto ciò che vive.
La forma dominante della globalizzazione rappresenta una tragedia per la maggior
parte dell'umanità. La ragione risiede nel fatto che tanto l'economia
mondialmente integrata quanto il mercato si reggono sulla competizione e non
sulla cooperazione. Se diamo libero corso alla competizione senza cooperazione
possiamo divorarci e porre fortemente a rischio tutto il sistema vita. Questa
volta non c'è un'arca di Noè che salvi alcuni e lasci morire gli
altri. Vogliamo salvarci tutti insieme.
È necessario manifestare tendenze che sono anch'esse presenti nella nostra
mente e nel nostro cuore: la solidarietà, la compassione, la cura, la
comunione e l'amorevolezza. Tali valori e forze interiori potranno fondare un
nuovo paradigma di civiltà, la civiltà dell'umanità riunificata
nella Casa Comune, nel Pianeta Terra.
Vivere tali dimensioni significa vivere l'autentica spiritualità umana.
Essa non è monopolio delle Chiese e delle religioni, ma la dimensione
più profonda dell'essere umano. Attraverso di essa percepiamo come tutte
le cose dell'universo non siano giustapposte le une alle altre ma inter-retro-connesse
tra loro. Un anello lega e rilega tutto costituendo la sacra unità dell'universo.
Questo anello segreto è la Fonte originaria di tutto l'essere. È
quello che tutte le religioni chiamano Dio, mistero di vita e di tenerezza,
il cui nome non si trova in nessun dizionario, ma solo nel cuore.
Da più di 30 anni il mio impegno come teologo della liberazione integrale
è stato pensare e ripensare, vivere e trasmettere questo messaggio: la
Terra e l'umanità formano un'unica realtà. In verità, noi
esseri umani siamo la stessa Terra che sente, pensa, ama e venera. Abbiamo una
stessa origine e uno stesso destino. Siamo chiamati ad essere non il Satana
della Terra ma il suo Angelo buono. Siamo arrivati ad un bivio in cui dobbiamo
decidere sul futuro che vogliamo. E vogliamo mantenere la famiglia umana unita
alla grande famiglia biotica, inserite nelle forze direttive che reggono tutto
l'universo. La nostra missione è quella di celebrare la grandezza della
creazione e rilegarla al Seno da dove è venuta e dove va, con cura, leggerezza,
gioia, riverenza e amore.
Ringrazio per il premio Right Livelihood che ha consacrato questa prospettiva,
perché è stata vista come benefica per il futuro dei poveri, dell'umanità
e del sistema-Terra.
da Adista, n.2 anno XXXVI.
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