Non è di Thich Nhat Hanh

ERRATA CORRIGE


La poesia "Riposa in pace" che abbiamo pubblicato sull'ultimo numero non è di Thich Nhat Hanh. Ci scusiamo con tutti i lettori per l'errore dovuto in parte anche alla fretta di pubblicare un testo così bello. A questo punto per completezza di informazione pubblichiamo quanto scritto dai veri autori che hanno voluto rendere omaggio all'insegnamento di Thich Nhat Hanh riprendendo lo schema di una delle sue poesie più note.


Il giorno dopo il lancio del rinnovato sito web Spirituality & Health, una volta arrivati in ufficio, apprendemmo la notizia dell'attacco terroristico contro il World Trade Center di New York. Gli uffici della redazione della rivista Spirituality & Health, sono situati a soli tre isolati di distanza dalle Torri Gemelle, esattamente dietro la storica Trinity Church al termine di Wall Street. I nostri uffici si trovano invece più a nord, sulla ventiquattresima strada, e dalle nostre finestre rivolte a sud potevamo vedere solo un cristallino cielo blu al di sopra di quello che, dalle immagini televisive, sapevamo essere un inferno senza fine. Era mattina inoltrata quando ci giunse notizia che i nostri colleghi della rivista erano al sicuro e che erano stati evacuati su di un traghetto fino alla Staten Island.
Come considerare questi terribili eventi da una prospettiva spirituale? Come rispondere con parole e immagini alla complessità, alla magnitudine e al mistero di questa giornata di morte e di distruzione? Dai notiziari e dalle interviste rilasciate da personaggi pubblici, ci troviamo già investiti da una retorica offesa e furibonda. Gli attacchi vengono definiti un "atto di guerra", il peggiore attacco contro gli Stati Uniti dopo Pearl Harbour, un giorno di infamia, il peggio della natura umana. Alcuni chiedono una vendetta rapida e senza pietà, ancor prima di sapere chi si celi dietro queste terribili azioni.
Tutte le religioni del mondo ci incoraggiano a perdonare chi ci ferisce, a rispondere a chi ci odia facendo loro del bene e a pregare per chi ci maltratta. I Cristiani ricordano l'ammonizione di Gesù ad amare i nostri nemici. Gli Ebrei si aggrappano alla pratica di shalom. I Musulmani si affidano ad Allah, il più compassionevole e il più misericordioso, perché li guidi nei loro rapporti con gli altri. Subito dopo la tragedia, gli esponenti principali di tutte le tradizioni spirituali hanno condannato la violenza, sottolineando che non c'è causa che possa giustificare delle azioni così immorali. Dopo aver indagato le nostre anime, abbiamo sentito l'urgenza di ritornare alla pratica spirituale della compassione, della connessione e dell'unità come sono magnificamente descritte nella famosa poesia di Thich Nhat Hanh " Per favore chiamatemi con i miei veri nomi".

Il monaco buddhista vietnamita e attivista per la pace, ha sperimentato in prima persona la violenza della guerra e nei suoi libri ha di frequente esposto quale debba essere un comportamento capace di assicurare una vera pace. Thich Nhat Hanh si rifiuta di dividere il mondo in vittime e malvagi facilmente identificabili. Con una prosa potente e vivide immagini, giunge ad accogliere nel suo cuore tutti coloro che soffrono: gli innocenti e i violenti, i potenti e gli indifesi, gli oppressi e gli oppressori. Nella poesia "Per favore chiamatemi con i miei veri nomi" (1), pratica un' empatia radicale, identificandosi con una rana e con il serpente che la divora, con un bambino che muore di fame in Uganda così come con il mercante d'armi che vende all'Uganda armi micidiali. In un passaggio particolarmente toccante, si immedesima in una bambina di dodici anni che viene violentata da un pirata, ma anche in quel quel pirata il cui "cuore non è ancora capace di vedere e di amare".

In questa poesia, Thich Nhat Hanh dimostra che non possiamo escludere nessuno dai nostri pensieri e dalle nostre preghiere. Anche gli appartenenti al regno della natura e le cose inanimate, vanno considerate ed amate come destinatari della nostra compassione. Anche coloro che hanno perpetrato una orribile violenza, fanno parte dei molti nomi con i quali ci chiamiamo. "Per favore chiamatemi con i miei veri nomi", supplica Thich Nhat Hanh, "così che possa rendermi conto che la mia gioia e le mie sofferenze sono un'unica cosa… e la porta del mio cuore può rimanere aperta, la porta della compassione".

Viviamo in una citta in stato di shock e in lutto. Ci identifichiamo profondamente con il dolore dei nostri vicini. Quando sentiamo di cari che vengono riuniti e di salvataggi riusciti, ne condividiamo la gioia. Soffriamo con inquietudine per la perdita di vite umane, per la distruzione di una parte della città che conosciamo e che amiamo, per la distruzione di così tante vite umane, e per la paura palpabile e per l'intontimento che avvolge gli Statunitensi e altre persone della terra. Ma con simile inquietudine osserviamo anche il sentimento di odio che si sta diffondendo, la fretta di giungere a un giudizio, il bisogno di incolpare immediatamente qualcuno, e l'assai probabile prospettiva che un intero gruppo di persone sarà demonizzato e stereotipato a causa dei gesti di pochi. Come possiamo rispondere?

Noi preghiamo per le vittime e per coloro che stanno cercando di aiutarle. Preghiamo per i morti, possano riposare in pace, per le loro famiglie e per i loro amici, possano incontrare la pace. Preghiamo per coloro che stanno cercando di scoprire chi ha ordinato gli attacchi, possano essere lucidi e accurati. Preghiamo per i nostri governanti, possano disporre della saggezza necessaria per risolvere questa crisi senza contribuire a creare ulteriore violenza. Preghiamo per le genti del mondo, si possa noi impare ciò che si deve imparare da questi avvenimenti sconvolgenti, e si possa noi rispondere nella maniera migliore possibile con l'aiuto di quell'Uno che ci sostiene tutti.

Noi preghiamo e offriamo questa poesia. Per piacere chiamateci con questi nomi così che noi si possa tenere aperta la porta della compassione.

Traduzione di Emanuele Basile

(1) La traduzione della poesia "Per favore chiamatemi con i miei veri nomi" si può leggere nel libro di Thich Nhat Hanh Essere pace, Ubaldini 1986 (NdR)