Prestare i nostri corpi

di Frank Ostaseski


Nel prenderci cura di qualcuno che sta male, noi prestiamo il nostro corpo. Usiamo la forza delle nostre braccia per spostarlo dal letto al bagno, e possiamo anche prestare la forza della nostra mente. Possiamo aiutare a creare un'atmosfera calma e accettante, essere colui che ricorda la stabilità e la concentrazione. Possiamo espandere il nostro cuore così da ispirare colui che sta morendo a fare altrettanto.
La pratica della consapevolezza diviene lo strumento per aiutare le persone a esplorare la sofferenza e a modificare la relazione che hanno con essa nelle settimane e nei mesi che precedono la morte. Qualche volta la consapevolezza arriva come un laser proprio al cuore della sensazione; ma non sempre. Nel nostro hospice, ad esempio, c'era un tale di nome Carl che mi ricordava mio padre. Gli ero molto affezionato e lui stava esplorando la pratica della consapevolezza. Un giorno gli venne un dolore tremendo alla pancia, allora io feci una meditazione guidata per aiutarlo a esplorare la sensazione intorno alla zona del dolore. Era semplicemente troppo forte: il dolore era troppo severo. Non riusciva a mantenere l'attenzione nella zona. Allora misi le mie mani sulla sua pancia e gli dissi: "Carl, come ti senti se tengo una mano qui per un po'?" Lui rispose: "Va bene, ma mi fa male". Allora la spostai un poco e gli chiesi di nuovo come andasse. "Un po' meglio" rispose. A quel punto la spostai ancora più lontano e lui disse: "Oh, così va benissimo". Gli chiesi: "Potresti riposare lì per un po'?" Allora dalla sua bocca, non dalla mia, uscirono queste parole: "Riposa semplicemente nell'amore, riposa nell'amore".
Da quella volta ogni volta che Carl sentiva troppo dolore spingeva la pompa della morfina per avere una dose in più e ripeteva: "Riposare nell'amore, riposare nell'amore".

Era successo che non poteva penetrare direttamente dentro la sensazione di dolore, ma poteva trovare un po' più di spazio intorno. La sua relazione con il dolore si era dunque modificata. Quando la moglie lo venne a trovare il giorno dopo, era molto ansiosa per il fatto che dovesse morire; lui la guardò e le disse: "Semplicemente riposare nell'amore". Queste parole erano diventate per lui una specie di mantra.
Ecco dunque un modo di usare la pratica della consapevolezza: per esplorare il dolore o per modificare il rapporto che abbiamo con esso.
Anche questo fa parte della la sfida che abbiamo qui in America: accogliere queste pratiche e dar loro una vita che sia attuale.
Quando una persona sta veramente male, nelle ultime ventiquattro ore, rallentate, muovetevi di meno. Calmatevi. Osservate il vostro respiro. Aiutate a creare un'atmosfera nella stanza che sia caratterizzata da ricettività senza paura, dalla disponibilità a incontrare qualsiasi cosa sorga. Fate le cose semplici con grande attenzione. Guardate l'atmosfera nella stanza, sa di pace e di calma? O è invece caotica? C'è un senso di ordine che permetterà alla persona di cadere a pezzi quando morirà (perché questo fa parte del processo del morire, questa specie di grande caos che si incontra)? Guardate a tutto ciò, preoccupatevi delle cose semplici, l'acqua o i pezzi di ghiaccio, qualsiasi cosa possa rendere la situazione più confortevole. Ma il minimo intervento possibile; osservate lo stato della vostra mente.


da Tricycle, 2001