Lo Yoga e la scuola


Lo scorso anno è stato firmato al Ministero della Pubblica Istruzione un protocollo di intesa sulla diffusione dello yoga nella scuola. Ne parliamo con l'amico Mario Cistulli, insegnante di educazione fisica nelle scuole superiori e insegnante di yoga secondo la tradizione "Viniyoga'. Da quest'anno è .impegnato in una sperimentazione con gli alunni in situazione di handicap presso una scuola di Roma.

D: La ginnastica che viene insegnata a scuola, almeno in base ai miei ricordi, non è forse ciò che di più lontano ci possa essere dallo yoga? Come fare a introdurre lo yoga nella scuola?
R: Conosco molti insegnanti di educazione fisica che sono interessati allo yoga o che comunque intendono in modo diverso la loro disciplina; penso, solo per fare un paio di esempi, alla diffusione dell'espressione corporea e delle ginnastiche dolci.
Io all'inizio ho solo cercato di introdurre dei semplici elementi di yoga durante le lezioni di educazione fisica. Ad esempio negli ultimi 10-15 minuti, come defaticamento, proponevo alcuni àsana (posizioni e movimenti che rappresentano l'aspetto più corporeo dello yoga) per favorire un certo recupero psicofisico al termine della lezione.
Altre volte proponevo delle modalità di movimento più attive all'inizio della lezione, per preparare il corpo, il respiro e la mente all'attività successiva. In questo modo riuscivo a proporre due tra i tanti aspetti dello yoga, che spesso, invece, viene identificato solo con il lavoro di rilassamento.
Solo con le classi che vedevo più interessate svolgevo una lezione completa di yoga. L'idea però era di proporre lo yoga soprattutto come un modo particolare di sentire e muovere il corpo: con consapevolezza, con piacevolezza, con il minimo sforzo, con il rilassamento delle tensioni inutili, in armonia con il respiro.
Perciò, almeno all'inizio, ho introdotto un tipo di lavoro che esteriormente era simile a quello che si faceva nelle normali lezioni. Però, l'attitudine mentale era diversa, e di conseguenza cambiava il modo di eseguire e di sentire l'esercizio. I ragazzi continuavano a fare qualcosa di familiare, ma lo facevano in un modo un po' diverso.

D: Gli alunni sapevano di fare yoga?
R: Decidevo a seconda dei casi, in alcune situazioni lo dicevo, in altre ritenevo più utile non dire nulla. Nello yoga l'enfasi è sull'esperienza diretta e quindi fare una lezione teorica o solamente dire "Adesso facciamo una pratica di yoga" talvolta può ostacolare proprio l'esperienza diretta. La parola 'yoga' spesso evoca tutta una serie di preconcetti e di modelli fuorvianti. In ogni modo, dopo averne fatto esperienza, dicevo a tutti che quel lavoro era yoga.

D: I programmi ministeriali permettono tutto questo?
R: Sia nei programmi di educazione motoria delle elementari che in quelli di educazione fisica delle medie e superiori ci sono degli elementi che sono propri dello yoga. Si parla infatti, per esempio, di conoscenza e rispetto del proprio corpo, di respirazione, di rilassamento, ecc. Per questo, lo yoga - inteso come mezzo utile per raggiungere alcuni obiettivi - può essere tranquillamente inserito nella programmazione di ogni insegnante.
Posso dire che nella mia esperienza personale non ho mai incontrato ostacoli da parte dei presidi e dei colleghi. Nella mia programmazione scrivevo semplicemente quello che facevo: parlavo di coscienza del respiro, coscienza del corpo, ecc. In realtà, l'ostacolo principale spesso è la carenza di spazi adeguati all'attività motoria scolastica.
 
D: Recentemente però c'è stata una vera e propria apertura nei confronti dello yoga da parte del Ministero della Pubblica Istruzione; di che si tratta?
R: Nel luglio del '98 è stato firmato un protocollo di intesa sulla diffusione dello yoga nella scuola tra il Ministero della Pubblica Istruzione e quattro associazioni di yoga, l'Istituto Internazionale di Ricerche Yoga, la Federazione Italiana Yoga, l'Associazione Ricerca Yoga nell'Educazione e l'Associazione Viniyoga in Italia di cui faccio parte.
Certamente si tratta di una grossa apertura. Molto presto, inoltre, anche altre associazioni firmeranno l'intesa.
Vorrei ora ricordare un elemento che ritengo estremamente importante: nei programmi di tutte le materie, e non solo di educazione fisica, ci sono degli elementi che contengono molti aspetti propri dello yoga. Lo yoga comincia ora a essere visto come un mezzo in più a disposizione degli alunni, degli insegnanti e di tutta l'istituzione scolastica; credo che questo sia molto importante.
 
D: Lo yoga, dunque, non solo come appendice o parte integrante del programma di educazione fisica, ma come elemento interdisciplinare?
R: Credo che il contributo maggiore che questo protocollo d'intesa possa dare sia la comprensione delle grandi potenzialità che questa disciplina offre per migliorare la proposta formativa della scuola.
Naturalmente il primo elemento che balza agli occhi è che lo yoga può essere inserito nelle lezioni di educazione fisica, e indubbiamente si tratta di qualcosa di molto bello e utile. Ma se andiamo più in profondità vediamo che il lavoro di àsana è solo una piccola parte, seppure importante, della pratica di yoga.
Per esempio, nello yoga ci sono delle idee molto profonde sulla relazione, e la relazione è un aspetto fondamentale nell'insegnamento, nell'apprendimento e nella vita. Oltre a ciò, se solo pensiamo all'importanza di una maggiore capacità di calma e concentrazione da parte sia degli alunni che degli insegnanti, possiamo vedere come lo yoga possa essere molto utile in tutte le discipline. E abbiamo parlato solo di alcuni aspetti, anche se importanti, dello yoga.
Secondo me ci sono tre ambiti principali in cui questa pratica può dare grossi frutti. Il primo, come già detto prima, è quello dell'educazione fisica. Il secondo è il vedere lo yoga come un filo conduttore che unisce tutte le discipline scolastiche, potenziando le capacità di apprendimento. Il terzo infine riguarda gli insegnanti: se un insegnante è più tranquillo, più concentrato, se ha una maggiore capacità di relazione indubbiamente insegnerà meglio, e trasmetterà ai ragazzi un modo diverso di essere. L'insegnamento passa prima di tutto attraverso il modo di essere di chi lo trasmette.
Vorrei poi ricordare quanto lo yoga possa essere importante per gli alunni in situazione di handicap.
 
D: A questo proposito puoi dirci qualcosa sul progetto sperimentale a cui hai iniziato a lavorare da quest'anno scolastico in una scuola superiore?
R: Si tratta di una sperimentazione ministeriale che stiamo portando avanti presso l'I.T.C. Darwin di Roma, sullo yoga come mezzo per favorire il successo formativo degli alunni in situazione di handicap e degli alunni con difficoltà di apprendimento e di relazione. In questa scuola ci sono molti alunni in situazione di handicap, e frequentano dalla prima alla quinta classe. Ci sono ragazzi sordi, con sindrome di Down, con tetraparesi spastica, con distrofia muscolare, con sindrome di Prader Willi e con ritardo mentale.
Il lavoro parte dall'osservazione del ragazzo e sull'individuazione delle sue esigenze; da ciò, si impostano delle lezioni che mirano a colmare i suoi punti deboli (le caratteristiche che lo fanno essere in difficoltà) e a progredire nelle sue caratteristiche positive. Perciò, in molti casi si lavora individualmente, non per isolare il ragazzo, ma per favorire e potenziare la sue possibilità di integrazione nella classe e nella scuola.
Nel caso ad esempio della tetraparesi spastica c'è una situazione di grossa tensione che da sola limita la capacità e la possibilità di movimento, e porta anche difficoltà di scrittura, di disegno e di digitazione al computer. A volte questa grande tensione è aumentata dall'insicurezza, dall'emotività, e dall'ansia, e in questa situazione l'apprendimento e la relazione sono davvero difficili. Attraverso un maggiore contatto con se stesso, grazie a movimenti fatti con il giusto sforzo, con il rilassamento delle tensioni inutili, con un respiro dolce, ci sono stati dei miglioramenti apprezzabili.
Per altri ragazzi, però, il rilassamento può essere la cosa meno indicata, perché sono già molto pesanti, in qualche modo letargici; quindi in situazioni di questo tipo il lavoro può andare in una direzione nettamente diversa da quella precedente.
Il lavoro individuale con alunni in situazione di handicap permette di proporre delle pratiche mirate, permette di impostare un lavoro autonomo a casa, e quindi di responsabilizzare maggiormente lo studente, che diventa attore della sua evoluzione. Quello che stiamo vedendo al Darwin è che anche se il lavoro viene fatto su base individuale finisce poi per favorire l'integrazione dei ragazzi.
Comunque, nella maggior parte dei casi, le lezioni individuali vengono abbinate e alternate con lezioni a piccoli gruppi (sia con studenti con caratteristiche omogenee che con caratteristiche diverse) o a classe intera. Questo dà maggiore varietà al lavoro e sottopone gli alunni ad una maggiore qualità e quantità di stimoli, soddisfacendo inoltre l'esigenza di relazione che i ragazzi hanno con i coetanei.
Abbiamo iniziato solo nello scorso mese di ottobre, e parliamo perciò di piccoli passi che comunque sono già visibili.

D. Quando avvengono questi incontri?
R: Tutti gli incontri avvengono in orario scolastico. Si tratta di un progetto molto articolato, che prevede compresenze di mattina con insegnanti di diverse discipline. Ricevo un grande aiuto e sostegno dai colleghi e dalla preside, e li ringrazio molto per questo.

D: Dove vi vedete?
R: Abbiamo una piccola aula, davvero piccola in cui facciamo gli incontri individuali e in piccoli gruppi. Quando i gruppi sono allargati andiamo... dove c'è posto, così come avviene di solito in molte scuole italiane: in palestra, in aula magna, in un'aula.
Comunque tutto questo avviene con grande tranquillità e in uno spirito di generale collaborazione.
 
D: Da quello che racconti si avverte un clima di maturità.
R: Questa sperimentazione è stata approvata prima della firma del protocollo di intesa. Proprio per questo dicevo che nella scuola già c'era un'esigenza di questo tipo. Con piacere do atto al Ministero di aver saputo cogliere questa necessità del mondo della scuola.
La richiesta di rinnovo della sperimentazione per l'anno prossimo è stata già approvata ed inoltrata al Ministero, proprio perché al Darwin c'è un notevole interesse per questo progetto.
Vorrei infine accennare anche a un'esperienza in compresenza su classi intere, che abbiamo iniziato in due classi con gli insegnanti di lettere, su come lo yoga possa essere utilizzato durante le lezioni di italiano.
Credo infatti che il modo più incisivo e profondo di portare lo yoga nella scuola sia attraverso gli insegnanti della scuola, e parlo degli insegnanti di tutte le discipline. Gli insegnanti di yoga possono certamente essere di supporto, fare per esempio da supervisori. Ma se l'insegnante di scuola propone alcuni mezzi dello yoga nell'ambito delle sue lezioni, secondo me il messaggio passa in modo molto più efficace e profondo perché si fonde maggiormente con l'attività educativa e didattica svolta nella scuola, diventa un tutt'uno con essa.
E questo essere tutt'uno, lo yoga con l'esperienza scolastica, lo yoga con l'esperienza di vita è l'aspetto che secondo me dovremmo cercare di sviluppare maggiormente.
E' fondamentale che lo yoga venga adattato alla realtà degli alunni, degli insegnanti e della scuola. E l'adattamento dello yoga alla realtà di chi lo pratica e dell'ambiente in cui si pratica è proprio il punto cardine dell'insegnamento nella tradizione "Viniyoga". Lo yoga inizia da dove si è, dai bisogni e dagli interessi di chi lo mette in pratica, dall'ambiente e dalla cultura in cui vive. Poi, piano piano, dolcemente e progressivamente, si va più in profondità, verso la consapevolezza, verso l'armonia con noi stessi, con gli altri e con il mondo in cui viviamo.