I figli di Abramo nella terra dei Profeti

Ci sentiamo particolarmente vicini a quanto i nostri amici della Peacemaker Community - Israel stanno facendo. E prezioso ci sembra il loro approccio alla pace a partire proprio dalle comuni radici della spiritualità ebraica e islamica.
I due articoli che pubblichiamo, comparsi sulla stampa israeliana, raccontano come si sono svolti due incontri interreligiosi, il primo lo scorso dicembre in occasione della festività di Rosh Hashanah e l'altro nel marzo di quest'anno.


Agitando ramoscelli di olivo
di Lauren Gelfond



Era un pomeriggio caldo e polveroso quando nella foresta di Megiddo risuonarono 50 squilli di shofar attraverso il cielo ricco di colori. Il Festival di Bereshit, che con cadenza annuale celebra la festività di Rosh Hashanah, volgeva al termine mentre il sole al tramonto lasciava dietro di sé una striscia di colore arancio. Dopo due giorni di musica, danza, preghiera e meditazione le persone rimaste, più di un migliaio di israeliani, sembravano ottimiste e pensierose. Stavano in piedi, in silenzio, quando un anziano signore vestito di bianco si arrampicò sul palcoscenico.
"Desidero benedire il popolo ebreo il giorno di Rosh Hashanah", disse il religioso musulmano Abed Mahmoud Abdel Al-Khader della Galilea occidentale. " Dobbiamo incontrarci per costruire, non per distruggere; per amare, non per odiare e portare pace tra ebrei ed arabi per un futuro comune."
Era questa la seconda benedizione che lo sceicco impartiva. "Il venerdì prima della festa di Rosh Hashanah all'interno della moschea ho benedetto anche gli abitanti del villaggio e augurato loro un buon inizio di anno" egli disse in ebraico. "Alcuni dei fedeli musulmani erano sorpresi e dissero che non c'erano abitanti ebrei nel villaggio. Allora spiegai loro che abbiamo un cimitero ebraico e che forse i morti riescono a sentire quello che i vivi non sentono."
Subito dopo fu il rabbino Mordechai Gafni a salire sul podio ed offrire benedizioni di pace. I due religiosi si abbracciarono e gli israeliani applaudirono.
In Israele, dove dalle due parti la maggioranza della gente si considera in guerra, non capita spesso di vedere un rabbino e uno sceicco abbracciarsi e condividere temi comuni nei loro sermoni. Alcuni sceicchi utilizzano il podio proprio per aizzare i musulmani contro gli ebrei. E al di là del confine, a volte solo dall'altro capo della città ci sono anche dei rabbini che tengono dei sermoni al vetriolo.
Tuttavia in ambienti di ebrei e musulmani devoti, per ora non numerosi, ma in rapida espansione, si nutre la speranza che la religione possa diventare lo strumento per la costruzione di una coesistenza pacifica, là dove la politica è fallita. Secondo loro tale processo deve fondarsi su temi comuni all'Ebraismo e all'Islam che sostengono l'idea della coesistenza e della nonviolenza.
"È un paradosso pensare che la guerra accada a causa della religione" osserva Yitzhak Bardea, capo rabbino sefardita di Ramat Gun. "L'Ebraismo e l'Islam concordano nel ritenere che ogni vita umana è sacra."
"Ebrei e musulmani farebbero un passo importante verso la costruzione di rapporti di pace", ha detto lo sceicco Abdul Aziz Bukhari, che vive a Gerusalemme est, "se cercassero di comprendersi e di alimentare il rispetto reciproco attraverso un dialogo interreligioso".
Bardea e Bukhari appartengono a quella dozzina di capi rabbini ortodossi e sceicchi che negli ultimi anni hanno organizzato incontri interreligiosi per contribuire a sottolineare valori e speranze comuni.
Ciò che distingue questi sforzi, poco noti, dal restante fronte a favore della pace sta nell'accento posto sulla religione piuttosto che sulla politica quale base per un dialogo e un negoziato. Gli attivisti tradizionali sono per lo più laici. Uno dei maggiori gruppi pacifisti in Israele, Gush Shalom, stima, ad esempio, che solo l'uno per cento dei suoi membri abbia un interesse per la religione.
I pacifisti religiosi sperano di cambiare lo stereotipo per cui la religione costituirebbe un ostacolo alla coesistenza. Alla ricerca di una nuova definizione di cooperazione tra arabi ed ebrei essi amano definirsi "I figli di Abramo che vivono nella Terra dei Profeti".
Mentre questi aspetti comuni sono stati al centro di numerosi colloqui tra rappresentanti religiosi, la gran parte degli incontri ha avuto luogo in clandestinità.
"A volte abbiamo avuto paura di riunirci pubblicamente a causa degli estremisti di ambedue le parti", dice Bardea.
Nel dicembre 2000, durante il periodo di Hanukka e del Ramadam, a circa otto settimane dall'inizio dell'Intifada, i capi religiosi decisero che una riunione pubblica avrebbe potuto contribuire a dare una svolta alle ostilità. Il rabbino capo sefardita israeliano Eliyahu Bakshi-Doron aprì il suo ufficio a circa 30 tra sceicchi e rabbini ortodossi. Si potevano vedere gli uni di fronte agli altri, i rabbini con i capelli neri, le vesti lunghe e i riccioli a lato del capo, e gli sceicchi con i loro copricapo e le papaline bianche mentre annuivano col capo in segno di assenso. L'iniziativa di Bakshi-Doron e dello sceicco Abel Zeidan, supervisore nazionale di moschee e presidente della Associazione dei capi musulmani stimolò molti altri rabbini capi ad impegnarsi.
Per quanto la riunione aprisse nuovi orizzonti, essa ricevette poca attenzione. "I media israeliani amano descrivere coloro che sono ultrareligiosi come reazionari", dichiarò l'opinionista Moshe Negbi. "Tendono ad ignorare tutti coloro che non corrispondono allo stereotipo. "Per quanto riguarda i palestinesi, invece, la censura vieta la diffusione di idee che potrebbero contraddire la dirigenza. I titoli dei giornali rimasero incentrati sulla violenza e l'avvenimento passò per lo più inosservato.
Dietro le quinte, alcuni rappresentanti religiosi hanno espresso delusione perché il primo incontro pubblico si era impantanato in teorie politiche invece di focalizzarsi esclusivamente su questioni religiose. Tale divisione riflette due scuole di pensiero sul fronte religioso per la pace. Alcuni rivendicano un ruolo nei negoziati di pace politici, mentre altri sono convinti che le soluzioni non possano avere un carattere politico.
Il rabbino Menahem Froman di Teoka, uno dei fondatori del movimento di coloni Gush Emunim e il più ribelle dei rabbini favorevoli alla pace, capeggia il fronte politico. Con la lunga barba bianca e il ricciolo bianco che gli scende accanto alle orecchie, la kippah bianca sul capo, egli vive in Cisgiordania ed è considerato un pacifista singolare sia dagli israeliani che dagli arabi.
Chiedendosi come i politici, che "ci capiscono poco" di religione, possano decidere il futuro dei luoghi santi egli è favorevole a che i rappresentanti religiosi abbiano voce in capitolo nel processo di pace.
Froman è diventato famoso per aver sottoposto a Yasser Arafat e al capo spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, la proposta di far riferimento a valori religiosi come "ama il tuo prossimo" quando si deve discutere la coesistenza tra coloni e Palestinesi, nonché la giurisdizione sulla Spianata del Tempio.
"La Spianata del Tempio ha un carattere religioso e per le diverse religioni costituisce un luogo di pace", egli ha affermato " ci deve essere un controllo comune delle tre religioni che escluda una presenza militare o politica."
Froman ritiene che gli ebrei possono mantenere un rapporto importante con il paese, indipendentemente da chi ne eserciti la sovranità politica. Assieme ad altri rabbini egli è convinto di perseguire una politica di rigoroso rispetto delle leggi e delle tradizioni ebraiche.
Queste sue attività e opinioni sono spesso fonte di problemi nella sua città, dove qualche anno fa, tornando a casa trovò la facciata della propria casa ricoperta da una scritta che diceva: "Ufficio dell'OLP a Tekoa".
In un'altra occasione gli abitanti di Efrat reagirono con veemenza quando Froman si recò a trovare Arafat : "Una visita all'arci-assassino Arafat equivale a sputare in faccia al popolo di Israele, attraverso tutte le generazioni, e in particolare alle vittime del terrorismo arabo," essi dichiararono in una lettera aperta. "Il suo messaggio offende Eretz Israele, Gerusalemme, il movimento sionista e l'ingiunzione divina: 'Ricordati di ciò che ti fece Amalek' ( Deuterenomio 25:17)."
Il rabbino di Gerusalemme, Dov Maimon è a capo del fronte che non è interessato al dialogo con i capi politici. Egli mira a sviluppare una "teologia del pluralismo".
"La politica non è la soluzione", egli ha detto, "Lavoriamo con testi religiosi e autorità dell'Ebraismo e dell'Islam per combattere l'abuso della religione da ambedue le parti. Consideriamo la coesistenza da un punto di vista sia ebraico sia islamico e cerchiamo di dar vita a principi ebraici e islamici comuni. Una volta stabiliti dei principi accettabili sia per i rabbini sia per i capi musulmani andremo nelle scuole e tra le folle ad insegnarli.
Mentre rabbini e sceicchi lavorano al loro processo di pace anche altri piccoli gruppi di ebrei e musulmani osservanti si incontrano senza troppo clamore a scopi educativi, di attivismo e per pregare. Recentemente, un venerdì pomeriggio un gruppetto di ebrei e musulmani hanno dato il via, con una benedizione, ad una veglia di pace sui tetti della città vecchia di Gerusalemme, il tutto sotto l'egida di organizzazioni di base come la Pacemaker Community e Bustan L'Shalom.
"In questo luogo, dove Sara, Hagar, Isacco e Ismaele odono l'un l'altro, sia per noi possibile portare guarigione e porre fine alla paura, all'odio e alla violenza tra cugini in Terra Santa ", esclamò una delle organizzatrici, Devorah Brous, avvolta in un vestito lungo e bianco e con una enorme stella ebraica che le pendeva dal collo.
"Quello che facciamo è completamente apolitico", ha spiegato. "Ci appelliamo a qualcosa che ci accomuna tutti, la fede."
Salah Abu Ali della cittadina di Far Wallajah stava a guardare fumando una sigaretta. "So che è vietato uccidere sia nella religione ebraica sia in quella musulmana e dovremo tutti comparire davanti a Dio" egli notava "Quando vengo qui mi ricordo che Dio è lo stesso per tutti noi."
Sulla parete sopra la testa di Ali una scritta di vernice bianca ha coperto una richiesta di comprensione tra ebrei e arabi. Al suo posto c'è una scritta con un invito a "Distruggere, ammazzare e sloggiare gli arabi dal paese!"
"Questa è terra di Dio, non terra ebraica o musulmana", diceva Ali.
All'interno del cerchio, Nizar Sanduka, un musulmano di Gerusalemme orientale traduceva dei passi dal Corano. "Le Scritture musulmane hanno grande rispetto per la Torah e gli ebrei sono chiamati "il Popolo del Libro", egli spiegava. Lesse poi un passo che invitava tutti gli uomini ad essere più umili.
"Anche i passi della Torah della settimana trattano il tema dell'umiltà", disse Miriam Iron, una partecipante ebrea. Mentre stavano discutendo i loro comuni interessi basati sulla fede, ecco arrivare due ragazzini con un uccellino.
"Forse è un segno che qualcosa sta cambiando", esclamò Iron ."Nel Cantico dei Cantici un verso dice che si udirà la voce di un uccello del posto".
"Dobbiamo far parlare altre persone come noi ", diceva Sanduka, mentre accarezzava l'uccellino. "È la gente comune che deve incontrarsi e vedere che non siamo gente di guerra".
Se è probabile che coloro che partecipano a tali veglie di pace e a festival come questo di Bereshit siano di tendenza liberal, anche i membri di organizzazioni interreligiose affermano però di riuscire a superare la rivalità tra avversari. Yehuda Stolov, un israeliano ortodosso a capo dell'Associazione di incontri interreligiosi, afferma che in tali situazioni di gruppo perfino i coloni ed i membri di Hamas arrivano a volte a guardarsi con compassione.
"Quando cominciai ad impegnarmi tutto quello che avevo erano i miei pregiudizi" disse Stolov, "Ma una volta che ci si incontra, si scopre il lato umano dell'altro, anche quando non si è d'accordo."
"Conoscere le esperienze, la storia e la religione dell'altro è fondamentale", dice Eliyahu McLean, direttore della Peacemaker Community. Egli ricorda come durante una conferenza interreligiosa parlò con palestinesi ed egiziani del legame esistente tra l'ebraismo e Gerusalemme. "Non avevano mai sentito parlare del Secondo Tempio. Un oratore musulmano richiese tutta la letteratura che ero in grado di fornirgli. Tali conoscenze aiutano a chiarire le idee di molti palestinesi che pensano, a torto, che la connessione degli ebrei con Israele abbia avuto inizio solo in seguito alla Shoah."
A tale scopo McLean collabora con diverse organizzazioni per informare ebrei e musulmani sulla loro reciproca storia.
"Possiamo anche insegnare che esistono precedenti storici di coesistenza tra musulmani ed ebrei. I cabalisti hanno coltivato un dialogo molto intimo con i mistici musulmani, attraverso molti secoli e in molte città. Un esempio è costituito dal "Lamento di Shamil", una famosa melodia Chabad che il rabbino Schneur Zalman, fondatore del Chassidismo Chabad imparò dallo sceicco sufi Shamil (mentre erano rinchiusi nella stessa prigione) nel lontano 1797. Un simile dialogo ha luogo nuovamente, ma in una cerchia più ristretta.
Alcuni studi suffragano la teoria secondo cui gli scambi fondati sulla religione riescono ad influenzare in maniera positiva anche le persone più estremiste.
"Abbiamo scoperto che occuparsi di ciò che Ebraismo e Islam hanno in comune porta a moderare gli atteggiamenti dalle due parti, fino a creare legami positivi", afferma Ben Mollov, uno studioso di scienze politiche all'Università di Bar-Ilan, che conduce programmi di taglio religioso per la gestione dei conflitti.
"Abbiamo notato un netto spostamento da atteggiamenti negativi a positivi perfino tra quei palestinesi che avevano una pessima opinione degli israeliani."
Mentre l'Intifada sta compiendo il suo primo anno di vita, questi incontri, veglie e dialoghi si svolgono in maniera così discreta che non sembrano avere grandi effetti sul resto della società israeliana o palestinese. Il Consiglio di Coordinamento interreligioso in Israele, un'organizzazione che raggruppa 70 istituzioni ebraiche, musulmane e cristiane, sotto la guida del rabbino Ron Kronish, si era prefisso un obiettivo più ambizioso. Aveva rivolto un appello urgente ai capi religiosi e politici perché insegnassero il principio dell' "amare il prossimo" e che "tutti gli esseri umani sono creati ad immagine e somiglianza di Dio", nonché di condannare ogni forma di incitamento, vendetta e violenza. I principi erano stati firmati dai rappresentanti religiosi ed era stata fissata la data dell'11 settembre per farne una presentazione pubblica.
Proprio nel corso di quella riunione molti dei partecipanti appresero dell'attacco al World Trade Center. Lo sceicco Jamil Jaber di Abu Gosh, uno degli oratori presenti alla manifestazione denunciò l'attentato. "L'Islam non ammette il suicidio. Io condanno la violenza. Ci sono altre strade per raggiungere l'obiettivo senza ricorrere alla violenza."
Tuttavia, nonostante le parole, non ci fu alcuna indicazione che lui e i suoi colleghi palestinesi fossero disposti a diffondere le loro convinzioni tra la gente. Mentre i rabbini pubblicarono la petizione sui giornali nazionali israeliani, lo sceicco fece stampare la petizione solo ad Abu Gosh, una cittadina arabo israeliana già nota per intrattenere eccellenti rapporti con i vicini ebrei.
I severi controlli a cui è sottoposta la società palestinese rendono timorosi molti palestinesi. Uno sceicco palestinese che si era incontrato spesso con gli israeliani smise di partecipare alle attività di pace dopo aver ricevuto minacce di morte da parte degli estremisti musulmani.
"Abbiamo ben poca libertà di espressione", afferma Imad Abu-Zahra, un giornalista palestinese che finì in carcere quando il suo giornale venne chiuso nel 1997 per aver messo in dubbio la leadership palestinese. "Non abbiamo uno stato vero e proprio e quello che abbiamo non è democratico".
La gente è anche meno aperta ai messaggi di pace man mano che la violenza aumenta, dice Bukhari. "Quello che voglio dire loro è che affrontare un errore con un altro errore non servirà a risolvere i problemi. Il Corano dice che quando vedi qualcosa di sbagliato, lo devi correggere con l'azione, se ciò non è possibile con le parole, se ancora non è possibile con la comprensione, e se nulla serve almeno con la preghiera".
La repressione, la rabbia e le appropriazioni indebite dei versi coranici fanno sì che gli sceicchi pronti a predicare la coesistenza al posto della violenza rappresentino una minoranza piccola e quasi invisibile.
Inoltre molte comunità ebraiche osteggiano l'idea di un cosiddetto fronte religioso di pace.
"Ricercato per incitamento all'assassinio", dice un manifesto che raffigura il rabbino Arik Ascherman, direttore dei Rabbini per i diritti dell'uomo.
Aschermann è stato arrestato diverse volte ed è costantemente oggetto di critiche a causa delle proteste pacifiche contro la demolizione di case, l'appropriazione di territori e la chiusura dei villaggi. "La società israeliana non è pronta a rispondere neppure all'invito del rabbino ultraconservatore Ovadiah Yosef, il capo del partito Shas, che ha emanato un decreto l'anno scorso in cui si dice che la tutela della vita umana è più importante del possesso della Terra santa", spiega Ascherman.
"Anche se si vuol sostenere che i non ebrei non hanno diritti di sovranità" egli afferma, "anche se si rifiuta la tesi di Rav Josef e si crede che la creazione di una teocrazia ebraica sia un ordine emanato da Dio, è un dato di fatto che il diritto ebraico preveda per i non ebrei il diritto di proprietà"
Il suo gruppo di 100 rabbini ortodossi e non ortodossi fu fondato nel 1988 dopo la prima Intifada, quando il rabbino riformato David Forman chiese un responso rabbinico. "Dove stanno gli Abraham Joshua Heschels? Perché i rabbini sanno parlare solo di shabbat e kashrut ?" chiedeva.
Ascerman dice che è difficile ottenere il sostegno degli israeliani. "La sfida degli ortodossi è di essere d'accordo sulle questioni dei diritti umani per poi esser pronti a lavorare con i rabbini non ortodossi."
"È difficile", dice Elliott Horowitz, un membro del Consiglio di un piccolo gruppo ortodosso di sinistra, Oz L'Shalom/Netivot Shalom. "Da qualche parte, lungo il cammino l'Ebraismo si è agganciato alla politica di destra."
Il rabbino Michael Melchior ha fondato il partito Meimad per aiutare gli israeliani a capire che pace ed Ebraismo sono compatibili. "Parte del problema sono le yeshiva che non insegnano che si possono fare dei compromessi politici per salvare vite umane," egli dice.
"È difficile un cambiamento all'interno delle società tradizionali, ma è necessario che la gente sviluppi una mente critica", afferma il rabbino Dov Maimon. "Dobbiamo sapere che quando gli sceicchi invitano la gente ad uccidere gli ebrei, ci sono anche altri che la pensano diversamente e che non è Dio a parlare tramite loro."
"Si tratta di un processo lento", conviene il religioso Al-Khader. "È nostro dovere, in quanto uomini religiosi, diffondere la luce della pace. Ecco perché ho partecipato al festival di Bereshit. Dobbiamo continuare ad incontrarci e dire shalom, da uomo a uomo, da vicino a vicino, da scuola a scuola, da villaggio a villaggio. I figli di Dio devono essere come le candele che diffondono la luce e sanno dare invece di ricevere."

Dalla rivista israeliana Hadassah dello scorso gennaio
Traduzione di Erica Ongaro