Comunicazione nonviolenta
di Vilma
Costetti
Sono molto contenta
di potere condividere con Voi un processo di comunicazione che ho avuto il privilegio
di conoscere e che ha contribuito notevolmente ad arricchire la mia vita e quella
delle persone attorno a me.
Vorrei anche mostrarvi come lo possiamo utilizzare nella vita di tutti i giorni,
nelle situazioni in cui noi desideriamo educare, insegnare o influenzare le
persone a comportarsi in un modo che sia in armonia con i nostri valori e bisogni.
Questo modello di comunicazione è stato ideato 35 anni fa dallo psicologo
statunitense Marshall B. Rosenberg, che attualmente insegna questo processo
di comunicazione in tutto il mondo.
Il nome ufficiale è Comunicazione Nonviolenta©, viene direttamente
dal cuore e aiuta a gioire delle differenze che esistono tra noi esseri umani.
Viene chiamata anche comunicazione compassionevole, comunicazione
collegata alla vita, o Linguaggio Giraffa©, dal nome di uno
dei pupazzi che, a volte, vengono utilizzati nei giochi di ruolo che ne facilitano
l'apprendimento.
Perché la giraffa? Marshall Rosenberg ha preso questo animale come simbolo
della comunicazione nonviolenta perché il suo lungo collo le permette
di avere una visione ampia, e soprattutto perché ha il cuore più
grande tra tutti i mammiferi terrestri.
La familiarità con questo modo di entrare in relazione con se stessi
e con gli altri permette di aver una grande chiarezza su ciò che sentiamo
e sull'origine di questo nostro sentire; ci aiuta a preferire quotidianamente
l'osservazione alla valutazione e ai giudizi, ci permette di riconoscere e poi
di esprimere i nostri bisogni con precisione e in modo molto concreto, il che
aumenta notevolmente le possibilità di vederli soddisfatti.
Questo processo di comunicazione, collegandoci con i bisogni, i desideri, le
sensazioni ci mette in legame con la vita che è in noi e negli altri.
Si evitano così i giudizi sia su di sé sia sugli altri, perché
si sa che ogni giudizio è l'espressione maldestra di bisogni non soddisfatti
(MBR).
Sembrerebbe tutto scontato ma non lo è. In realtà, nella vita
quotidiana tante volte siamo scollegati da ciò che è vivo in noi
o negli altri e le nostre parole innalzano muri in noi stessi e fra le persone.
A volte pensiamo e comunichiamo nei termini di che cos'è che non va negli
altri quando si comportano in un certo modo, oppure, cos'è che non va
in noi stessi quando non comprendiamo o non reagiamo come ci piacerebbe. Questo
modo di pensare e di comunicare è molto tragico perché distrugge
il piacere naturale che noi esseri umani abbiamo di donare dal cuore.
Ogni volta inoltre che utilizziamo un linguaggio che fa leva su simili strategie
noi vediamo allontanarsi la possibilità di vedere soddisfatti i nostri
bisogni e i nostri valori.
Vediamo quali altre tragiche strategie, sul nostro pianeta, vengono a volte
utilizzate per influenzare gli altri a cambiare comportamento.
Innanzitutto la punizione.
Quando usiamo la punizione possiamo dire ad un'altra persona: "Se non
cambierai il tuo comportamento ti punirò!" In realtà
la punizione non funziona mai se ci rendiamo conto di qual è il suo costo;
la punizione distrugge qualche cosa di molto prezioso tra gli esseri umani:
distrugge la possibilità degli uomini di donare dal cuore, e più
le persone sperimentano la punizione meno provano il piacere nel dare.
A volte vediamo usare il premio per ricompensare la persona se ha intenzione,
se desidera, cambiare il suo comportamento.
La ricompensa, come la punizione, distrugge la cooperazione. Quando le persone
fanno delle cose per ricevere un premio non collaborano, si sottomettono, e
paghiamo per la sottomissione.
Un'altra tragica tattica per far cambiare il comportamento alle persone è
il senso di colpa.
Possiamo provare a far sentire l'altro in colpa per quello che ha fatto, e anche
questo è un mezzo estremamente costoso per far cambiare una persona.
Cerchiamo di ingannare l'altro facendogli credere che è responsabile
di avere fatto delle cose che ci fanno stare male. Ad esempio: "mi fai
veramente male quando ti comporti in questo modo" oppure " mi
fai arrabbiare quando fai così".
Naturalmente sappiamo che questo non è vero.
Un'altra tecnica molto distruttiva è la vergogna.
Per esempio diremo all'altro: "sei egoista quando ti comporti così"
oppure "sei irresponsabile" oppure "sei prepotente".
Possiamo poi cercare di far fare le cose alle persone per dovere o per
obbligo.
Fare qualsiasi cosa per dovere o per obbligo toglie ogni gioia, ogni piacere
nel dare.
Ogni cambiamento che otterremo da noi stessi o dagli altri attraverso la punizione,
il premio, il senso di colpa o di vergogna, il senso del dovere, lo pagheremo,
perché tutte queste modalità distruggono nelle persone la possibilità
di cooperare e il piacere di donare.
La Comunicazione Nonviolenta cerca di influenzare in un modo diverso,
dando qualche cosa attraverso il cuore, agendo in armonia coi nostri desideri
in modo spontaneo, desiderando farlo, provando piacere nel farlo.
Ognuno di noi ha provato questo piacere ogni volta che abbiamo fatto qualcosa
per gli altri, non perchè vi eravamo costretti, non per ottenere un premio,
non per evitare vergogna o senso di colpa, ma per quello che riteniamo sia un
modo naturale di dare l'uno all'altro, perché non c'è niente che
noi esseri umani amiamo di più che dare dal cuore. Attraverso la Comunicazione
Nonviolenta vogliamo influenzare l'altro a dare dal cuore, a cambiare il
suo comportamento, non per paura o senso di colpa, per vergogna o per dovere
, ma perché amerà renderci la vita più bella.
La Comunicazione Nonviolenta ci invita allora a rivelare onestamente
che cosa c'è nel nostro cuore, senza usare parole che implichino che
c'è qualche cosa di sbagliato nell'altra persona.
Per fare questo abbiamo bisogno di diventare capaci di mostrare esattamente
che cosa è stato fatto, senza mescolare l'osservazione dei fatti con
la nostra interpretazione o la nostra critica.
Possiamo realizzare questo attraverso i quattro punti che sono alla base della
Comunicazione Nonviolenta:
1. Osservazione
2. Sentimenti
3. Bisogni
4. Richieste
1. Innanzitutto
osserviamo che cosa sta accadendo in una certa situazione: che cosa dicono o
fanno le altre persone che stanno arricchendo o non arricchendo la nostra vita?
Si tratta di osservare senza introdurre alcun giudizio o valutazione, ma esprimere
semplicemente quello che altre persone fanno o dicono che a noi piace o non
piace.
Ad esempio, al posto di: "Sei esageratamente emotiva" si sarebbe
potuto dire: "Piange per delle cose che non mi farebbero piangere".
Ancora, "Mangi orribilmente male" si sarebbe potuto dire: "A
cena ieri sera, tenevi la testa a cinque centimetri dal piatto per mangiare
la zuppa".
2. Affermiamo poi in che modo ci sentiamo quando osserviamo questo comportamento
o quando ascoltiamo queste parole: mi sento spaventato, divertito, disgustato
irritato, arrabbiato, frustrato, triste, pieno di gioia, ecc...
3. Ci colleghiamo poi ai nostri bisogni o valori che sono all'origine
dei nostri sentimenti. Quello che vediamo sotto il nostro sentimento è
sempre un bisogno. Se proviamo sentimenti piacevoli è perché il
nostro bisogno in quel momento è soddisfatto. Se invece proviamo dei
sentimenti dolorosi significa che uno dei nostri bisogni non è soddisfatto.
La cosa più importante di cui essere consapevoli è quali sono
i nostri bisogni. Questo è il nostro modo più diretto per rimanere
in contatto con la vita. Impariamo a collegarci con i nostri bisogni e successivamente
vedremo come collegarci con i bisogni dell'altro.
4. Come quarto punto chiariamo che cosa desideriamo che l'altro faccia
per contribuire a soddisfare il nostro bisogno, perché viviamo in un
modo di interdipendenze, e quindi per ottenere un soddisfacimento dei nostri
bisogni spesso abbiamo bisogno che gli altri collaborino, ma è importante
tenere il bisogno separato dalla strategia che noi utilizziamo per soddisfarlo.
Facciamo delle osservazioni chiare, andiamo dentro al nostro cuore ed
esprimiamo i sentimenti, ed andiamo dentro al nostro cuore per esprimere
il bisogno, le tre cose insieme esprimono che cosa è vivo dentro
di noi, ed ecco perché è stato chiamato il linguaggio della vita,
il linguaggio del cuore. Dobbiamo essere vivi per riuscire a parlare questa
lingua (MBR). Poi proseguiamo con una chiara richiesta.
Facciamo qualche esempio. Potremmo dire al nostro bambino: " Quando
ti vedo picchiare tuo fratello (O), ho paura (S) perché
ho bisogno che le persone della famiglia stiano al sicuro (B), mi piacerebbe
che tu mi dicessi se sei d'accordo di provare a usare le parole anziché
i pugni (R)" invece che dire: "È sbagliato che tu picchi
tuo fratello".
Anziché dire: "Sei pigro perché non pulisci la tua stanza",
possiamo dire: "Quando vedo che il letto non è stato fatto (O)
mi sento frustrato (S) perché ho bisogno di supporto nel tenere
in ordine la casa (B), mi piacerebbe che tu mi dicessi cosa ti trattiene
dal rifare il tuo letto ogni giorno (R)".
Una parte della Comunicazione Nonviolenta consiste nell'esprimere le
quattro informazioni chiaramente, verbalmente oppure in altri modi non verbali.
L'altra parte consiste nel ricevere le medesime informazioni dagli altri. Ci
colleghiamo all'altro percependo ciò che egli osserva, sente,
ciò di cui ha bisogno, poi, ricevendo la quarta informazione,
cioè la richiesta, scopriamo che cos'è che arricchirebbe
la sua vita.
Se manteniamo la nostra attenzione centrata su queste aree ed aiutiamo gli altri
a fare la stessa cosa, stabiliamo un flusso di comunicazione, in entrambe le
direzioni, fino al punto in cui ci incontriamo come esseri umani, rivelando
la nostra naturale compassione ed empatia. La Comunicazione Nonviolenta
ci invita ad ascoltare quello che gli altri osservano, sentono, hanno bisogno
e richiedono, anche quando sono nascosti dietro a una comunicazione alienata,
scollegata dalla vita, fatta di critiche, giudizi moralistici, pretese, dovere.
Ci aiuta ad essere consapevoli che ad ogni istante noi possiamo scegliere come
vogliamo collegarci e comunicare con noi stessi o con gli altri. Desideriamo
lasciarci portare in un luogo di alienazione o preferiamo essere collegati a
ciò che è vivo in noi e negli altri?
Il lavoro di apprendimento si fa generalmente in gruppo, condotto da una persona
che ha esperienza in questo campo e che è certificata dal CNVC (The Center
for Nonviolent Communication); le esperienze dei partecipanti al gruppo sono
di grandi aiuto e offrono molte possibilità di fare pratica
Questo processo di comunicazione mi piace anche molto perché utilizza
un linguaggio chiaro, accessibile a tutti, anche a coloro che non hanno alcuna
dimestichezza con la psicologia: in effetti è un linguaggio di vita e,
come tale, di tutti.
Quello che mi appassiona è la possibilità di applicarlo in tutti
i momenti, con tutte le persone, a partire proprio da se stessi e si comincia
così a vedere la vita diventare più ricca e soddisfacente in noi
e attorno a noi.
"Noi possiamo creare la vita" afferma M. Rosenberg in una sua
canzone e io, insieme a tante altre persone, posso testimoniare quanto tutto
questo sia vero.
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Esserci - Spazio di ricerca e creatività BIBLIOGRAFIA
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PER APPROFONDIRE: Marshall Rosenberg sarà in Italia, a Reggio Emilia, dal 2 al 4 novembre 2002 per un seminario sul tema "Comunicazione & Potere".
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