Il dono della presenza mentale nel luogo di lavoro
di Roberto Del Mastio e Riccardo Urbani

Come è iniziata

Riccardo Urbani: lavoro da 7 anni presso una cooperativa sociale che tra le altre cose si occupa di formazione; in particolare una delle aree interessate sono le équipes di lavoro, gli staff. Le tematiche interne all'area sono l'organizzazione del lavoro, il rapporto con l'organizzazione "madre", i ruoli, le leaders-hip ed il potere, la gestione dei conflitti ed altro. Le stesse tematiche le visito quando fornisco consu-lenza al "non profit", cioè alle organizzazioni che operano senza scopo di lucro ed in particolare alle cooperative sociali.
Sia in campo formativo che durante le consulenze il lavoro che svolgo e ciò che osservo parte sempre da presupposti che si rifanno a teorie "psicosociali" o sociologiche. Il che funziona fino ad un certo punto: nella mia esperienza di consulente per esempio, sono riuscito a facilitare diverse équipes fino ad una consapevolezza (quasi mai totale e collettiva) di quanto accadeva od era accaduto, fino ad un'analisi esaustiva delle cause di certe disfunzioni o dei conflitti. Tuttavia ho sempre avvertito che un lavoro con i gruppi basato unicamente sulle teorie che si rifanno al gruppo, alle loro relazioni e dina-miche, al rapporto tra individuo e gruppo e soprattutto al cambiamento del gruppo, sono incomplete; se la persona non decide di cambiare, se non si persuade che il primo cambiamento è interiore e dentro di sé, non cambia nulla nemmeno all'interno del gruppo.
Vi sono poi comportamenti così abitudinari nei gruppi di lavoro che mi hanno indotto a riflettere: il pregiudizio, la comunicazione distorta perché si teme un collega o perché si temono le sue reazioni o perché si teme di non essere compresi, l'intellettualizzazione, il concettualizzare tutto, l'irrigidimento delle posizioni, l'aggressività o la passività, il cercare sempre le cause e le possibilità di cambiamento all'esterno, scaricandole sugli altri, sono appunto comportamenti che hanno sì a che fare con il gruppo e con l'influenzarsi a vicenda, ma dipendono molto anche dalle persone, dalle loro storie, dal loro pas-sato, da come "leggono" ciò che accade, come dice Roberto, da quali lenti usano per leggere le situa-zioni.
A partire da questi interrogativi, mi sono chiesto se e come si potevano introdurre alcune tecniche pro-venienti dalla tradizione buddhista ed in particolare dagli insegnamenti di Thich Nath Hanh e se da queste si potevano anche creare altre tecniche, e che magari fosse proprio chi opera nei gruppi di lavo-ro a crearle. Ho chiesto a Roberto per la sua spontaneità, il suo feeling con le persone, e naturalmente per il fatto di praticare da molto tempo, di condurre insieme le due giornate.

Roberto Del Mastio: Il 5 e 6 Aprile 2001 si è svolto il seminario "L'equipe di lavoro e la qualità della vita" la-boratorio e training all'uso di tecniche individuali nella gestione dei momenti di difficoltà (ansia, demotivazione, stress) per incentivare ed accrescere la qualità della vita nel gruppo di lavoro. Nel sottotitolo è specificato che si faceva riferimento a tecniche e strumenti derivanti da una pratica di consapevolezza di origine orientale.
E' completamente assente nell'introduzione del seminario ogni riferimento a religioni orientali o al buddhismo per evitare che qualcuno potesse arrivare mentalmente prevenuto.
Quando, durante il ritiro di Roma di Thich Nhat Hanh, al mio amico di Dharma Riccardo Urbani nacque l'idea di un seminario del genere e mi offrì la possibilità di collaborare alla sua realizzazione non immaginai che si stavano ponendo le basi per un'esperienza nuova e molto speciale.
Con la messa a punto del progetto e lo scendere nei dettagli mi resi conto che questa volta non si trattava di un appuntamento con il Sangha o di un gruppo di persone che si apprestavano a vivere una giornata di consapevolezza. Già dal primo incontro con Riccardo nacque la coscienza
che a questo seminario non avrebbero partecipato persone interessate ad una ricerca spirituale o nel peggiore dei casi, menti alla ricerca di nuovi dati intellettuali da aggiungere a quelli già in possesso su religioni e filosofia, ma persone interessate fondamentalmente a trovare una soluzione ai proble-mi del quotidiano ed in particolar modo alle difficoltà che ognuno incontra nel mondo del lavoro.
Era chiaro che non si poteva di prima battuta 'filosofeggiare' sugli insegnamenti del Buddha ma si doveva cercare di condividere con loro come era cambiata la nostra visione della vita e del modo di vivere in conseguenza alla pratica di consapevolezza indicata da Thich Nhat Hanh, il nostro maestro Zen, a persone non interessate ad una ricerca spirituale ma completamente immerse nel mondo del lavoro e dell'economia dove apparentemente le richieste, i risultati, i principi e le dinamiche sono incompatibili con gli insegnamenti di Dharma. E' stato ovvio fin dall'inizio che la cartina topografi-ca da offrire ai partecipanti per dare loro la possibilità di raggiungere la meta non poteva essere quella classica dei corsi di Dharma.
Le indicazioni, i simboli, i termini, gli strumenti, le vie dovevano avere nomi ed indicazioni facil-mente recepibili da operatori, cooperatori, dirigenti di cooperativa cioè a menti totalmente coinvolte nel mondo del lavoro e del sociale.
Per me si trattava di una esperienza completamente nuova che avrebbe messo alla prova non tanto la mia capacità di conoscitore teorico o di praticante, ma il saper condividere le mie esperienze vis-sute alla luce di una nuova consapevolezza che aveva preso coscienza di sè grazie al Dharma. Do-vevo indicare strumenti funzionali, usufruibili in ogni momento del giorno, pertanto anche nel lavo-ro, per poter trasformare, almeno in parte e per quanto possibile, la sofferenza quotidiana. Tutto ciò doveva anche essere presentato in termini pratici, non etichettabili, che non venissero subito riferiti ad una filosofia o ad una religione o altro, che fossero "spendibili nel mondo del lavoro, quello ve-ro, quello che ognuno di noi si trova ad affrontare ogni giorno e non quello che ognuno di noi sogna o il lavoro ideologizzato che alberga nella nostra mente.

Il seminario
Vorremmo raccontarvi insieme alcune cose di questo seminario, alcuni momenti utili a comprende-re il percorso svolto.
Il Seminario è iniziato alle ore 9 di Giovedì mattina nella bellissima Casa di San Bastiano a Vicenza; di fronte a noi si trovavano tredici persone di età compresa fra i 25 e 40 anni, impiegate all'in-terno di Enti Pubblici o responsabili di cooperative operanti nel sociale. Abbiamo iniziato con l'esposizione del programma dei due giorni e dopo una breve presentazione personale siamo entrati nel vivo del seminario.
Nel "Rododendro" i vari partecipanti condividono quel che gli rode dentro, gli elementi stressanti della giornata e le difficoltà che incontrano nel mondo del lavoro. Ognuno imputava al mondo esterno le cause delle proprie difficoltà e della sofferenza. Dopo alcuni minuti di riflessione su quanto detto ho presentato la campana: "la voce del saggio"; ogni volta che ci faceva sentire la sua voce dovevamo "fermarci", tornare a noi stessi, al momento presente e respirare consapevolmente per qualche minuto.
Il seminario aveva bisogno di un'introduzione esplicativa che spiegasse obiettivi e contenuti. Nel contempo sapevamo di dover percorrere binari piuttosto stretti, che non ci facessero allargare trop-po verso lo "spirituale" (pena: il mettersi sulla difensiva da parte dei "laici" del gruppo), che non ci facessero strabordare nell'intellettuale (il nostro punto fisso era l'esperienza: meno concetti e parole possibile), che toccassero corde, vissuti e sensazioni comuni; l'obiettivo stava nello spiegare perché dovevamo lavorare su noi stessi per cambiare noi ed i nostri rapporti e migliorare così la qualità della vita; Roberto ha così introdotto alcune parole chiave: il "dentro" ed il "fuori" e come nella no-stra coscienza deposito ci sono tutti i semi sia quelli positivi che quelli meno positivi. Certi fattori esterni non fanno altro che annaffiare selettivamente alcuni semi facendoli sbocciare e salire a li-vello mentale, quello che si manifesta nel momento presente. Dentro di noi c'è tutto: l'amore, la compassione, la comprensione, la rabbia, l'odio e la gelosia e quando le cause e condizioni si pre-sentano l'evento si manifesta nel mondo esterno. Questo ci aiuta a vedere come quello che ci succe-de e il modo in cui noi impostiamo la nostra vita non dipende solo dall'esterno; anzi a seconda di come è mantenuto il nostro giardino interiore noi viviamo e percepiamo il mondo esterno.
L'introduzione e diversi accenni fatti durante il primo giorno vertevano sul rapporto spesso burra-scoso e difficile con gli altri, con i colleghi, superiori ecc. Alcune pratiche aiutano a comprendere come il modo di vivere il quotidiano non è altro che il riflesso di "quello che io sono" nel momento presente e di come, alla luce di questa consapevolezza, riusciamo a vedere come la visione della realtà sia essenzialmente soggettiva, come leggiamo tutto attraverso un filtro, formato dal passato, dai vissuti, dai dolori e dalle gioie, dalle conoscenze, dalle ideologie, dalla famiglia, dalla cultura che abbiamo assorbito.

Qual è lo strumento base, essenziale ed irrinunciabile per essere presenti al momento presente? Il respiro; la campana riporterà in questi due giorni l'attenzione al respiro. Per molti e diversi motivi consigliamo ai gruppi di lavoro di adottare la campana: per ritrovare se stessi, per non essere tutto rabbia o tutto ansia o tutto fretta, per ascoltarsi in profondità, per ascoltare in profondità. Se poi questa sarà la premessa per un percorso individuale volto anche a conoscere le cause della propria sofferenza ne saremo felici, ma non è l'obiettivo principale del seminario.
Il seminario ha seguito perlopiù un modello attivo, il che significa che i partecipanti non stanno pas-sivamente ad ascoltare un docente, ma partecipano attraverso le simulate, gli esercizi, le plenarie di discussione, laboratori creativi ed altro ancora. Il secondo modulo per l'appunto era una simulata: una società sportiva di calcio ha nell'anno in corso realizzato un utile di 20 milioni e i membri della società insieme ai soci del Cda ed ai rappresentanti dei ragazzi "giocatori" devono decidere cosa fa-re dell'utile, come rinvestirlo o come utilizzarlo. I vari partecipanti impersonificano i vari ruoli.
Ogni dieci minuti si suona la campana e tutti devono fermarsi, respirare e scrivere su un bigliettino come si sentono in quel momento cercando di essere il meno intellettuali possibile. Ascoltare quello che si sente nel cuore e scriverlo sulla carta. Vedere quale seme è stato annaffiato dagli avvenimenti esterni, dalle parole degli altri e quale fiore è sbocciato al "piano superiore", a livello mentale in quel momento. L'obiettivo sta nell'osservare i propri stati d'animo durante una riunione: quali sensa-zioni, reazioni, comportamenti suscitano le frasi, i commenti, i gesti degli altri. Questo primo mo-dulo chiarisce e mette in luce alcune di queste dinamiche, evidenzia come nel tempo (grazie ai bi-gliettini sugli stati d'animo) cambiamo giudizio, vediamo gli altri e ciò che ci circonda in modo continuamente diverso. Qual è la verità, qual è la certezza, prima, durante o dopo? Eppure siamo sempre sicuri delle nostre percezioni?
Ciò che emergerà nella lettura della simulata ci accompagnerà, seguendo modalità differenti, du-rante tutte le due giornate: tra i partecipanti c'è contemporaneamente desiderio di percorrere strade nuove per migliorare i rapporti e la qualità dei gruppi di lavoro e la paura ad addentrarsi in un terri-torio poco "sicuro", dove si fa un po' il conto con se stessi; si tratta di abbattere o quantomeno met-tere da parte ideologie, letture della realtà che da sempre ci accompagnano, identificazioni di ruoli e persone e molto altro; il gruppo si muoverà in modo ondivago: a volte si lascerà coinvolgere con coraggio, altre volte tornerà sui propri passi mettendosi sulle difensive o in attesa.
Un esempio: il feedback della prima giornata ci aveva preoccupato; sembrava che tutti riportassero le cause dei problemi all'esterno: ai colleghi, al "logorio della vita moderna", all'organizzazione ed alla mancata efficienza, al sistema oppure re/agivano mostrando perplessità verso "metodologie provenienti dall'Oriente, distanti dalla nostra realtà". Invece, all'avvio della seconda giornata, la sor-presa: chiediamo ai partecipanti di sintetizzare attraverso alcune parole chiave le esperienze che li hanno colpiti il giorno prima e ne nasce un cartellone pieno di punti importanti: "prendere atto, fermarsi, consapevolezza nel fare le cose, curare me stessa, esterno/interno, essere presenti in ogni momento, così è, tutto è transitorio, evitare l'attaccamento…".
La seconda giornata sarà più sperimentale: sempre usando esercizi e simulate tentiamo di fare emergere i tentativi di etichettamento, di giudizio e pregiudizio che bloccano il nostro star bene in gruppo e insieme proponiamo alcune pratiche già sperimentate, traducendo per esempio alcune parti del "Ricominciare da Capo" di Thich Nhat Hanh, oppure proponendo tecniche inventate da noi o, infine, chiedendo al gruppo di ideare strumenti e tecniche, che partano sempre da noi stessi. Al ter-mine del seminario abbiamo donato ad ogni partecipante una cartellina, in cui trovavano un adesivo che ricorda di 'respirare', il Trattato di Pace di Thich Nhat Hanh (ottimo per i gruppi di lavoro) e un fumetto di Pierino e il Saggio mirato proprio al cambiamento dentro di sé.
Vi sono stati momenti per noi molto belli come quando dopo un esercizio "intenso", che probabil-mente ha toccato tutti i presenti, abbiamo entrambi avvertito che tra i membri del gruppo vi era un vero ascolto profondo: comprensione e compassione.

Com'è andata?
Il seminario voleva presentare diverse pratiche adattabili ai gruppi di lavoro, per renderli più acco-glienti ed attenti alle persone e più efficaci rispetto agli obiettivi lavorativi. Il risultato è stato ambi-valente: abbiamo pagato lo scotto della novità e della sperimentalità; a posteriori, sentiti i commenti (non sempre benevoli) dei partecipanti dovremo in futuro partire ancor di più dalla loro cultura e dalle loro difficoltà, facendo un percorso a ritroso: dalla proposta di tecniche e strumenti utili al gruppo alla matrice che li ha creati. Molte parti devono essere perfezionate: bisogna stare attenti a non utilizzare termini e stili poco conosciuti ed appartenenti ad una cultura veramente lontana dal mondo del lavoro, bisogna esercitare l'ascolto profondo per "vedere" le situazioni in cui queste per-sone operano e soprattutto bisogna lasciare da parte i discorsi, le spiegazioni intellettuali ed andare nell'esperienza e nello sperimentare. Nell'esperienza perché queste sono cose da provare. Anche noi siamo persone che nel quotidiano, tra mille difficoltà, come tutti - e quindi anche come i parteci-panti al seminario - cercano di praticare la presenza mentale e da questo hanno tratto diversi benefi-ci.
Il gruppo si è messo in gioco, e molti sono stati i segnali di cambiamento: da chi si metteva in di-scussione a viso aperto, a chi "entrava in crisi" perché visibilmente colpito da una proposta meto-dologica che evita l'antagonismo, l'opposizione tra buono e cattivo, tra chi ha ragione e chi torto, che non lascia spazi al dualismo: io sono nel giusto e loro hanno torto.
Il risultato principale consiste nell'aver visto che queste pratiche sono senza confini, senza senso di appartenenza, senza etichette; la pratica della presenza mentale è a disposizione di tutti ed ovunque, non ci sono bandiere da piantare.
Abbiamo chiesto ai partecipanti, qualora si impegnassero a seguire il percorso nato dal corso, di raccontarci periodicamente come va, che strumenti stanno utilizzando.
Per concludere infine, stiamo tentando di creare alcune tecniche e strumenti per gruppi di lavoro, modificando ed adattando le pratiche della comunità di Plum Village, in modo che siano usufruibili dai gruppi di lavoro.


E GLI ANIMALI?

Ascolta la nostra preghiera Signore,
la nostra preghiera per i nostri amici animali,
specialmente per quelli tra loro che stanno soffrendo,
per quelli tra loro che sono cacciati o sono perduti,
o sono soli, o terrorizzati, o affamati;
per tutti coloro per i quali é già stata decretata la morte.
Imploriamo per essi tutta la tua misericordia e tutta la tua pietà.
E per chi ha costanti rapporti con loro chiediamo un cuore pieno di compassione,
mani delicate, e parole gentili.
Rendi ciascuno di noi, un autentico amico degli animali
e permettici di condividere la benedizione della compassione.

Albert Schweizer