Consenso : una introduzione |
di Giovanni Turra |
In una comunità
di individui ci sono molti modi per prendere decisioni e sicuramente nessuna
di tali modalità è perfetta. Molti di noi sono cresciuti in una
cultura che considera la democrazia di stile occidentale un valore supremo,
dove il principio di "una testa una voto" è il solo potere
e la sola capacità di cui ciascuno ha bisogno. Tuttavia in quelle stesse
nazioni che gridano forte le virtù della democrazia occidentale sembra
esserci una disillusione diffusa sulla sua capacità di cambiare le cose
in modo significativo. La democrazia sembra ridursi al compito di eleggere un
esecutivo che prenda tutte le decisioni, e a rinominarne uno successivo ogni
qualvolta il precedente decade. Per la maggioranza di noi tale delega del nostro
potere personale potrebbe sembrare un gesto non molto differente da quello di
lanciare la monetina in aria. Nel voto democratico, di solito, a livelli sia
macro che micro, una minoranza significativa è profondamente scontenta
del risultato. Per questo, anche se tale minoranza accetta il risultato del
voto, dal momento che accetta le regole del gioco, può comunque opporre
una resistenza attiva o minare il risultato ottenuto lavorando all'opposizione
solo in vista della prossima opportunità di voto.
Il compromesso è un altro metodo per raggiungere una decisione, solitamente
attraverso una negoziazione. Due o più parti annunciano la loro diversa
posizione e tentano di avvicinarsi una all'altra con misurate concessioni e
passi graduali e reciproci. Questo può spesso portare a una insoddisfazione
di entrambe le parti, con il risultato che nessuno ottiene realmente ciò
che desiderava.
Il consenso, che qui presentiamo, è un modo più creativo per prendere
decisioni. E' un processo in cui non può essere raggiunta alcuna decisione
a meno che tutti i presenti non abbiano la deliberata volontà di accettarla.
Il consenso, in teoria, è il prodotto del miglior sforzo di pensiero
creativo compiuto da tutti, e pone priorità sulla coesione e la stabilità
del gruppo, piuttosto che sull'ansia di arrivare a delle veloci soluzioni e
risposte. Il processo consensuale può essere lento e arduo. C'è
bisogno di riconoscere che il problema del singolo membro del gruppo è
un problema di tutto il gruppo. Comunque sia, se le minoranze vengono ascoltate,
non solo la decisione finale è spesso migliore di quella che la maggioranza
potrebbe velocemente imporre, ma tale decisione ha più probabilità
di ricevere un ampio supporto nel momento della sua attuazione.
La prima e fondamentale condizione affinché il consenso sia attuabile
è che ogni singolo membro del gruppo si senta impegnato a farlo funzionare.
Inoltre è molto importante la presenza di un facilitatore del processo
che sia deciso e imparziale. Questo è necessaria per tenere il processo
decisionale ben saldo nei binari che lo caratterizzano e non perdere il focus
delle proposte in gioco.
Procedura basilare
Ci sono molti
modelli di consenso in altrettanti manuali, scritti dagli anni '70 ad oggi,
soprattutto nei paesi anglosassoni, che vengono dall'osservazione dell'esperienza
di gruppi religiosi, comunità indigene africane, asiatiche e sudamericane,
organizzazioni nonviolente e altre realtà.
Una procedura basilare può assomigliare alla seguente:
1. Definite e formulate
in gruppo il problema o la decisione da prendere. E' d'aiuto se si riesce a
farlo separando problemi e questioni dalle persone che li sollevano.
2. Generate in gruppo, in un'atmosfera libera e non giudicante, possibili soluzioni.
Queste vengono scritte su un cartellone. Tutte, anche le più assurde.
Cercate di tenere un livello di energia alto, con suggerimenti veloci, istintivi
ed intuitivi.
3. Create uno spazio per le domande di chiarimento sulle soluzioni generate.
4. Discutete le opzioni annotate. Modificatene alcune, altre eliminatele, e
sviluppate una breve lista. Quali sono le favorite?
5. Esplicitate le proposte o una scelta tra le varie proposte affinché
queste siano chiare a tutti.
6. Discutete i pro e i contro di ciascuna proposta, assicurandovi che ciascuno
abbia la possibilità di contribuire al dibattito.
7. Se ci sono grosse obiezioni ritornate al punto 6 o, talvolta, al 4 (questo
è ciò che fa sì che si consumi del tempo e si pratichi
la pazienza...).
8. Se non ci sono grossi ostacoli, formulate la decisione e verificate tra tutti
se vi è un accordo sulla sua definizione finale.
9. Riconoscete le eventuali obiezioni minori e incorporate emendamenti proposti
con spirito amichevole.
10. Discutetene.
11. Verificate il consenso.
Quando il processo decisionale è ricominciato un paio di volte, ha preso in considerazione opzioni differenti, modificato le proposte, e voi vi trovate ancora in disaccordo con ciò che viene offerto, potreste considerare la possibilità di altre forme di opposizione che non tengano in ostaggio il progresso del gruppo:
* il non-supporto:
"Non vedo la necessità di tale decisione, ma acconsento";
* le riserve personali (trascritte nei verbali della riunione, se lo volete).
"Penso che sia un errore ma posso acconsentire";
* stare a parte: "Personalmente non posso fare questo, ma non impedirò
ad altri di farlo per il gruppo".
Il 'blocco'
Credo che il diritto dell'individuo di 'bloccare' una decisione voluta dal resto del gruppo, sia uno dei fondamenti del processo decisionale consensuale. La possibilità dell'individuo di bloccare una decisione consensuata dal gruppo, fu originariamente introdotta nelle comunità quacchere per garantire un ulteriore filtro e verifica contro possibili derive fanatiche della comunità stessa, che avrebbe potuto essere trascinata da leadership carismatiche e direttive. Perché la decisione sia adottata, dicevamo, c'è bisogno del permesso di ciascun membro, non solo di quello che alza di più la voce, di quello che articola meglio il suo pensiero, o di quello più conosciuto. Quindi sarà responsabilità e preoccupazione del gruppo ascoltare e dare una risposta a tutti i partecipanti, prendendo in considerazione i loro contributi. Ciò dà vita non solo a gruppi più egualitari , ma produce anche gruppi con un senso di autorealizzazione maggiore, nei quali ciascun membro, col suo proprio stile relazionale e comunicativo, ha la possibilità di sentirsi incluso e importante. La responsabilità sarà così più equamente distribuita, e i membri diverranno anche reciprocamente più sensibili e coinvolti. Un passo importante, questo, nella direzione della diminuzione di quel diffuso, e spesso visibile, senso di separatezza tra individui appartenenti ad un gruppo, e che spesso può essere causa di profonde divisioni e sofferenze.
Alternative al 'blocco'
'Bloccare' una
proposta che ha avuto un'ampia discussione ed è il frutto di una sintesi
collettiva, è un atto molto serio. Dovrebbe essere fatto con molta coscienza
e dopo attenta riflessione. Sicuramente non sulla scia di sentimenti di avversione
per il gruppo e del senso di frustrazione che può derivare dal non vedere
soddisfatte in pieno le proprie aspettative e i propri desideri. Il 'blocco'
dovrebbe essere basato su questioni di principio; qualcosa che riguardi l'etica,
dei fatti specifici, probabili conseguenze negative per il gruppo, forti e diffuse
preoccupazioni all'interno del gruppo, piuttosto che sulla base di proprie personali
preferenze o impulsi egoistici.
Un blocco comporta inoltre la responsabilità, per chi lo ha posto, di
fare una proposta concreta su come continuare il processo decisionale. A questo
punto possono essere prese in considerazione varie opzioni: dichiarare che non
vi è, per il momento, un consenso e aggiornare la decisione ad un incontro
futuro (specificando comunque quali passi si suggerisce di fare nel frattempo
per cercare di chiarire la questione o per produrre nuove proposte), chiarire
il clima emotivo di gruppo, ricominciare il processo decisionale per cercare
nuove soluzioni, decidere di abbandonare il gruppo stesso non essendovi più
le condizioni sufficenti per un coinvolgimento in esso, eccetera.
Mezzi e fini
Per gruppi che
si occupano di azione diretta nonviolenta o che vogliono sviluppare un maggior
senso di comunità, il processo decisionale consensuale è non solo
un metodo per prendere decisioni, ma anche una maniera di costruire relazioni
comunitarie, fiducia, un senso di sicurezza e di mutuo aiuto, importante soprattutto
nei periodi di stress ed emergenza. Ciò richiede impegno, pazienza, e
la volontà di riconoscere il primato del bene collettivo del gruppo sul
proprio interesse personale. Non è certamente un processo adatto per
decisioni veloci, ma può certamente aiutare a costruire una base sicura
sulla quale decisioni di emergenza possono essere prese senza che il gruppo
non le riconosca come proprie. E' un metodo che diventa via via più snello
e facile con la pratica e l'impegno continuo.
Una parte del movimento pacifista ha tradizionalmente adottato tale metodo,
principalmente perché rappresenta un deliberato tentativo di abbinare
i propri metodi di azione con i propri fini. Se vogliamo un mondo in pace dove
ciascuno possa vivere avendo garanzia di giustizia ed equità, dovremmo
praticare quello stesso stile di vita nel qui ed ora.
04/11/1998
(da "Buone Notizie", anno 1998 n°3)