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LETTERA DALLA CAMBOGIA |
Gennaio 2001 |
Cari amici,
Pace a tutti voi dalla Cambogia!
"Noi dobbiamo trovare il coraggio di uscire dai nostri templi ed entrare
nei templi dell'esperienza umana, che traboccano di sofferenza. Se seguiamo
il Buddha, Cristo o Gandhi, non possiamo fare diversamente. I nostri templi
saranno dunque i campi profughi, le prigioni, i ghetti e i campi di battaglia.
Abbiamo tanto di quel lavoro da fare!" (da Maha Ghosananda, Step
by step)
E infatti il cammino prosegue qui in Cambogia. Con questo rapporto del CPR,
desideriamo mettervi al corrente dei nuovi sentieri lungo i quali il Dhammayietra
ci ha condotto negli ultimi anni. Desideriamo condividere con voi le nostre
speranze e i nostri sogni, mentre ci avviamo a percorrere il 2001, insieme.
Gli anni possono anche aver reso più lento il passo di Maha Ghosananda,
ma non hanno certo fiaccato il suo spirito. Attualmente, il Venerabile Maha
Ghosananda vive in America, a Wat Kary Vong Bupharam, Leverett, nel Massachussetts.
Il suo spirito prosegue il cammino, specie qui nella Cambogia nord-occidentale,
dove la guerra è durata più a lungo, dove i volontari del Dhammayietra
hanno forse lasciato l'impronta più profonda.
La marcia di pace prosegue
Nell'aprile 2000, un'unica marcia Dhammayietra
per la pace "cinque percorsi in uno" è stata chiesta dalla
gente di Banteay Meanchey, sostenuta dal ministro per gli Affari Religiosi e
organizzata da un veterano del cammino Dhammayietra. Partiti da cinque punti
diversi di questa provincia nord-occidentale di confine, i partecipanti hanno
concluso il cammino a Wat Svay Jas, nel Sisophon.
Quest'anno, il Dhammayietra XI lascerà i templi del Samrong (Oddar Meanchey)
per addentrarsi in un territorio chiuso, che dei Dhammayietra ha "sentito
parlare ma non ne ha mai visto uno". Prima di terminare il viaggio fra
le rovine del famoso tempio Preah Vihear, al confine fra la Cambogia e la Thailandia,
i partecipanti attraverseranno postazioni fortificate, un tempo presidi dei
Khmer Rossi.
Il messaggio trasmesso da chi partecipa al cammino è un messaggio di
pace che nasce nella comunità e si diffonde al suo interno, alla nazione
e al mondo intero. Il mezzo per farlo è la meditazione, l'apprendimento
e l'ascolto con la mente e il cuore aperti a chi si incontra. I problemi specifici
che i partecipanti dovranno affrontare lungo il cammino sono mine anti-uomo
(in senso fisico e spirituale), violenza in famiglia, deforestazione, AIDS e
povertà assoluta: tutte ferite profonde lasciate dalle guerre.
In Aprile, a Wat Kandal, nel Battambang, il Programma di Lettura dei Pacifisti
Dhammayietra è entrato nel suo quinto anno di vita. Il suo scopo primario
è stato quello di camminare con i giovani. (Qui, naturalmente, 'gioventù'
non significa soltanto una stagione della vita ma uno stato mentale. Il nostro
giovane 'più anziano', nel passato semestre, aveva 70 anni!) Lo scorso
semestre, più di 400 studenti hanno partecipato a corsi, tenuti da insegnanti
volontari, per uno studio comparato sulla vita del Buddha e di Gesù,
sulla leadership, sull'Aids e su una spiritualità che si esprime nel
servizio. Come insegna Maha Ghosananda, "Il mondo è la nostra casa
e tutti gli esseri umani sono nostri fratelli e sorelle. Amarli, aiutarli e
servirli è il nostro dovere e la nostra religione".
Lo scorso semestre, dieci studenti ispirati dalle virtù gandhiane (Hindu)
della totale assenza di paura, dell'amore incondizionato e dallo spirito di
servizio generoso, e memori delle parole del Dalai Lama per cui "non basta
provare compassione, dobbiamo agire", sono entrati per la prima volta -
e con un certo nervosismo - nelle celle della prigione provinciale di Battambang.
Ora essi sono i veterani del Programma di cammino dei Pacifisti Dhammayietra
con i Prigionieri, tuttora in corso. Attualmente, è l'unico programma
di questo genere nel paese. Più avanti, ne racconteremo la storia.
La guerra più recente e potenzialmente letale che i Cambogiani devono
affrontare oggi è iniziata ancor prima che si fosse asciugato l'inchiostro
con cui furono firmati gli Accordi di Pace di Parigi, nell'ottobre 1991. La
'prima ondata' di vittime di questa 'guerra del sangue' - così viene
chiamata - è ormai morta o sta morendo. Si stima che finora a essere
colpito sia un Khmer su sessanta, e nel 2001 è previsto che moriranno
12.000 cambogiani. La guerra è quella dell'Hiv/Aids. La sua violenza
si abbatte indiscriminatamente sulle città e sulle campagne, sui ricchi
e sui poveri, sulla gente di qualsiasi credo politico. È veramente un
nemico comune. Il Programma di cammino dei Pacifisti Dhammayietra nelle Comunità
affette dall'AIDS ha messo piede in questo campo di battaglia in agosto.
Leggerete come è nato questo programma. Sarà un lungo cammino.
In Cambogia dicono: "Un viaggio di 10.000 chilometri inizia con un primo
passo". Molti di voi hanno camminato con noi fin da quanto abbiamo iniziato
a muovere i primi passi incerti, nel 1989. Altri si sono uniti a noi quando
il primo Dhammayietra guidato da Maha Ghosananda ha attraversato la Cambogia
Tailandese nel suo viaggio storico verso Phnom Penh, nel 1992. Ci avete incoraggiato
e confortato quando, nel 1993 e 1994, coloro che marciavano per la pace divennero
il bersaglio dei tiri incrociati delle artiglierie, che hanno mietuto fra loro
molte vittime, tra morti e feriti. Profondamente colpiti anche dalle sofferenze
provocate dalle mine anti-uomo, avete contribuito agli sforzi di Maha Ghosananda
nel suo sostegno appassionato alla Campagna Internazionale per mettere al bando
questi ordigni mortali. Nel corso degli anni ci avete aiutato a condividere
e a rafforzare la certezza che è stata di Gandhi per cui "La Pace
è Possibile" anche in un paese che da trent'anni ha conosciuto soltanto
la guerra.
Ogni notiziario del CPR rappresenta un'occasione per dirvi "grazie".
Grazie per la vostra fedeltà nel corso degli anni. È venuto il
momento di aggiornarvi e dirvi dove ci ha portato questo lungo cammino della
pace. È venuto il momento di chiedervi di continuare a sostenerci con
il vostro appoggio. (Oramai conoscete la nostra litania: "Nessun contributo
è troppo esiguo. Nessun contributo è troppo ingente").
Prossimo a morire, Martin Luther King, premio Nobel per la pace, disse alla
sua gente: "Abbiamo fatto molta, molta strada. Dobbiamo fare molta, molta
strada". Oggi le sue parole ci risuonano dentro. Come dice il Venerabile
Maha Ghosananda, "Abbiamo tanto, tanto lavoro da fare".
Questo è il momento
Con gratitudine
Bob Maat
Portavoce del CPR
Per offerte e contributi
Spedire a
CPR
PO Box 60
Bungthong Lang Post Office
Bangkok 10242 - Thailandia
Il cammino di Pace con i Prigionieri
Le persone possono
cambiare
"Perché venite ad aiutarci? Non lo sapete che siamo cattivi? Siamo
assassini e stupratori. Abbiamo fatto cose molto cattive. Non avete paura di
noi?". A parlare è un giovane rinchiuso nella cella n. 5 della Prigione
Provinciale di Battambang. Era uno dei circa 100 uomini rinchiusi in quel grande
blocco, inchiavardato, uno stanzone enorme. La domanda fu fatta a bassa voce,
piuttosto con stupore che con spacconeria.
Dai tempi del Buddha si racconta la storia di un famigerato assassino di nome
Angulimala. Angulimala significa 'collana di dita', soprannome che gli era stato
dato per la sua abitudine di tagliare un dito a ciascuna delle sue vittime e
di adornarsene il collo. Quando incontrò il Buddha aveva ucciso già
999 persone.
La tradizione buddhista vuole che lo stesso Buddha dovesse essere la millesima
vittima di Angulimala. Angulimala inseguì il Buddha che stava camminando
in un bosco isolato, e gli gridò di fermarsi. Il Buddha obbedì.
Poi, volgendosi verso Angulimala, disse: "Io mi sono fermato. Sei tu, Angulimala,
che non hai smesso di provocare sofferenza agli altri". Per farla breve,
Angulimala smise. Divenne monaco e cambiò vita. La morale semplicissima
di questo racconto è che "la gente può cambiare".
Questa è stata la storia rievocata per introdurre i volontari Dhammayietra
presso i detenuti dei diversi blocchi. I volontari non venivano per giudicare
nessuno o per soddisfare un interesse personale ma per offrirsi di insegnare
a quelli che volevano cambiare e prepararsi per quello che sarebbe stato il
loro futuro, una volta fuori dal carcere.
La prigione provinciale di Battambang è stata costruita dai francesi
una cinquantina di anni fa. La popolazione dei prigionieri va dai 350 ai 450
individui. Il personale del carcere, vale a dire le guardie, sono circa sessanta.
Anche loro vivono per lo più nel comprensorio della prigione. In realtà,
la vita che conducono non è molto diversa da quella dei prigionieri.
Nel comprensorio della prigione ci sono cinque enormi celle per i detenuti.
Quattro di queste accolgono circa 100 uomini. La quinta, più piccola,
è per le donne. Mediamente, il numero delle donne varia tra le 20 e le
25 persone. I detenuti dormono sul pavimento di cemento e vengono dotati di
un materasso e di una zanzariera. All'interno di ogni cella si trova una latrina
aperta e uno spazio per lavarsi. La privacy non è una delle caratteristiche
principali di questo luogo.
I detenuti mangiano due volte al giorno dentro alla cella. Il cibo è
'riso e teste di pesce' con qualche raro pezzo di verdura. Di base, i pasti
sono sempre identici, vengono cucinati dagli stessi carcerati nelle cucine della
prigione e distribuiti nelle diverse celle. La somma giornaliera destinata al
vitto di ogni recluso è di mille riel (25 centesimi di dollaro): una
cifra molto bassa anche rispetto agli standard locali.
Per la ricreazione fuori della cella è prevista un'ora al giorno, ma
questa varia a seconda del tempo e del personale di sorveglianza. Le leggi nazionali
incoraggiano il fatto che ai prigionieri vengano fornite occasioni di spiritualità
e di istruzione. Tuttavia, poiché non vi sono fondi stanziati a questo
scopo, i direttori della prigione devono trovare soluzioni a livello locale.
È in questo ambiente che decise di impegnarsi un piccolo gruppo di studenti
che militavano nel Programma di Lettura dei Pacifisti Dhammayietra. Ispirati
da Gandhi, guidati dallo spirito delle parole di Maha Ghosananda di recarsi
ovunque vi sia sofferenza, i volontari Dhammayietra si offrirono di portare
il loro servizio.
Negli ultimi sei mesi, più di venti di loro si sono impegnati a insegnare
sia ai prigionieri che al personale di sorveglianza a leggere e a scrivere in
lingua Khmer (in tutta la nazione, la percentuale di alfabetizzazione è
solo del 37%), e hanno organizzato anche lezioni di matematica, medicina, morale
e inglese. Gli insegnanti vengono letteralmente rinchiusi nella cella insieme
ai loro studenti e liberati alla fine della lezione. Più della metà
della popolazione del carcere è stata coinvolta in corsi di istruzione
formale di qualche genere. Altri leggono o studiano per conto proprio, utilizzando
la biblioteca circolante istituita nella prigione.
Il programma Dhammyietra si è dovuto far carico di fornire tutto il materiale
necessario sia per gli insegnanti e per gli studenti. Ci si preoccupa del corpo
come dello spirito. Il programma prevede la distribuzione mensile di articoli
di igiene quali sapone, borotalco e dentifricio. Prima di abbandonare il nordest
della Cambogia, a fornire un servizio era il Comitato Internazionale della Croce
Rossa.
La forza del programma risiede nel volontariato. Inizialmente increduli, oggi
i detenuti comprendono e apprezzano il fatto che i loro insegnanti non fanno
tutto questo per denaro ma perché vogliono farlo. In cambio, gli studenti-detenuti
sono molto protettivi nei confronti dei loro giovani insegnanti quando anche
loro vengono rinchiusi nella cella. Le autorità della Prigione sono molto
orgogliose di poter vantare l'unico programma di questo genere nel paese.
E la storia di Angulimala, lentamente, si sta avverando per ciascuno di noi:
per i detenuti, per il personale della prigione e per i volontari. La gente
può cambiare. Tutti noi possiamo contribuire a diminuire la sofferenza
in Cambogia. Tutti possiamo diventare migliori. Lentamente, un passo dopo l'altro.
Il cammino di pace nelle comunità affette dall'AIDS
Il
Dhammayietra - Mongkol Borei iniziò la sua attività facendo
un piccolo errore di valutazione quando pensò che per lasciare Phnom
Penh e trasferirsi, armi e bagagli, nel nuovo ufficio della provincia nord-occidentale
di Banteay Meanchey, percorrendo le 210 miglia che le separavano, sarebbe
bastato partire alle 7,30 della mattina per arrivare la sera. Il camion si
fermò alle 8,30 di sera a 50 miglia dalla destinazione e cercò
riposo insieme al Dhammayietra Battambang. Le condizioni dell'autostrada sono
peggio del solito ma si prevede che quest'anno miglioreranno (una promessa
spesso ripetuta, ma questa volta con la speranza che si realizzi concretamente).
Le condizioni di sicurezza sono migliorate: fino a 2 anni fa, arrivare col
buio era considerato troppo pericoloso.
Il mattino ci trovò con le energie rinnovate e alla fine della giornata
il nuovo ufficio era quasi completamente sistemato. Una casa di legno con
quattro stanze e una veranda abbastanza spaziosa da consentire comodamente
di fare incontri e ricevere visite all'aperto funge sia da ufficio che da
abitazione.
Dhammayietra - Mongkol Borei (DYMB) è il luogo dove ha preso stanza
l'ultimo dei Programmi dei Pacifisti. Dopo anni trascorsi a interessarsi e
a desiderare di "far e qualcosa per l'Aids", il progetto ha preso
avvio all'inizio di agosto grazie ai fondi venuti da donazioni e dalla Khane
Khane Foundation. Il "Cammino dei Pacifisti nelle Comunità affette
dall'AIDS" (Peacemakers Walking in Communities with Aids (PWCA), formato
da un espatriato e da un Khmer, ha iniziato la fase di ascolto e di apprendimento.
Essendo un Dhammayietra e intendendo camminare con le comunità anziché
arrivare con idee e soluzioni predeterminate, il tempo per l'ascolto era considerato
essenziale.
Ascolto e apprendimento sono andati avanti per cinque mesi, e si sono apprese
molte cose. Il DYMB vuole seguire le idee dall'inizio e imposta il suo lavoro
intorno a quelli che muoiono a casa, che aumentano continuamente per via dell'Aids.
Partendo da questo punto iniziale, lavorando con quelli che stanno morendo
e con quelli che sono affetti da malattie terminali, il DYMB si prefigge di
arrivare alla comunità per aiutare a risolvere i problemi via via che
si presentano e a pianificare il modo di affrontare la guerra dell'AIDS che
incombe pericolosamente sulla popolazione. I bambini vengono seguiti meglio
se possono rimanere nelle loro comunità, ma spesso è necessario
che queste forniscano un sostegno, specie quando chi si deve prendere cura
dei bambini sono i nonni. Aiutare le famiglie a evitare di vendere la terra
per pagare cure inutili è fondamentale per la sopravvivenza del coniuge
e dei figli. Aiutare le comunità ad arrestare il diffondersi dell'HIV
nel villaggio è un altro passo del progetto PWCA.
L'ascolto e l'apprendimento non si sono poi dimostrati così difficili.
Il primo operatore Khmer viene dalla comunità, così come gli
altri tre che si sono uniti all'équipe il 1° di dicembre, in occasione
del World AIDS Day. L'operatore espatriato ha vissuto e lavorato nel Mongkol
Borei dal 1993 al 1996. Il DYMB è stato salutato calorosamente dai
vecchi amici e colleghi e accolto di buon grado dagli altri e tutti non vedono
l'ora che le attività comincino.
I sistemi di informazione ufficiosi e le modalità informali in uso
presso i Khmer hanno ceduto il passo a un modo diverso di procedere: è
stata avviata un'inchiesta formale e si è deciso di parlare con i volontari
che si occupavano della salute della popolazione e con i capi del villaggio.
Oggi esiste una rete di volontari collegati con i centri di cura o con la
Croce Rossa Cambogiana. I volontari e i capi del khum (comunità) erano
disponibili a organizzare incontri e a fornire informazioni. Il DYMB aveva
ascoltato centinaia di storie su questa o quella persona affette dall'Aids,
ma nessuno aveva mai cercato di contare quanti malati vivevano nei villaggi
e quanti ne erano morti. Le informazioni fornite dai volontari e dai capi
del villaggio dimostravano che le storie erano esatte: almeno il 62% dei 122
villaggi ispezionati sono stati già colpiti dall'AIDS.
'Già' è una parola chiave per la Cambogia in genere e per questa
regione in particolare. Fino al 1999, la provincia di Banteay Meanchey e Mongkol
Borei non hanno conosciuto altro che guerra. Gli uomini dei villaggi erano
soldati nel 1993 e 1994 quando nei bordelli la percentuale di persone che
risultavano positive al test dell'HIV era del 46% e tuttavia non esisteva
nessun programma di prevenzione. Ora, a distanza di circa sette anni, dopo
il periodo di incubazione, quegli uomini e le loro mogli stanno morendo di
Aids. Tre anni fa pochissime erano le persone che conoscevano e qualcuno malato
di Aids e molti non credevano neanche che questa malattia esistesse. Oggi
quasi tutti sanno che l'Aids esiste ma non hanno chiaro in che modo evitare
il contagio e sono convinti che i guaritori tradizionali (kru khmer) siano
in grado di curarlo.
Nella provincia sono giunti programmi di prevenzione, tra cui la diffusione
dell'uso del preservativo nei bordelli e programmi generali di informazione
sull'Aids. Ma il capo di un khum ci ha detto che i suoi villaggi sono molto
preoccupati per i giovani uomini che, dopo il raccolto, devono "touv
rok si" (termine khmer per indicare l'emigrazione per lavoro). È
questo gruppo che mette ad altissimo rischio i villaggi e i loro abitanti,
mogli e figli.
Mongkol Borei è un centro rurale dove la maggior parte della gente
si guadagna da vivere coltivando riso. Nell'intervallo fra il raccolto e la
semina, molti emigrano in Tailandia o in zone di confine, in cerca di lavoro.
Quest'anno il numero aumenterà perché molti hanno perso in tutto
o in parte il raccolto di riso per via delle inondazioni di ottobre. A partire
sono più gli uomini che le donne o le famiglie intere, e il sesso a
pagamento è un uso assai corrente in questa cultura.
Anche le donne se ne vanno e spesso diventano professioniste del sesso. Abbiamo
già raccontato la storia di una sedicenne che ha fatto ritorno al suo
villaggio da Poipet per morire di Aids, e di un'altra che è tornata
a casa da un villaggio lontano malata di Aids e incinta. Sembra che i paesani
prendano tristemente atto della tragedia di queste storie più di quanto
non le condannino.
I figli nati nelle famiglie i cui membri "touv rok si" rischiano
di diventare parte dell'ingranaggio vizioso della povertà e dell'Aids
quando crescono e a loro volta emigrano in cerca di lavoro, incluso il sesso
a pagamento, e anche loro muoiono di Aids. L'Aids rischia di diventare in
breve tempo una malattia dei poveri che non hanno accesso a buoni programmi
di prevenzione e che considerano queste situazioni ad alto rischio come l'unica
scelta possibile.
Altre storie ancora stanno venendo alla luce: un'insegnante che ha reso nota
la propria situazione e che ha continuato a insegnare; un giovane la cui madre
continua a cercare qualcuno che le dica che suo figlio non ha l'Aids; un uomo
che si è impiccato quando gli hanno detto che si era ammalato di Aids.
Molte storie rimangono nascoste perché la paura della discriminazione
è forte. I più sono riluttanti a far sapere o a far pensare
che in famiglia c'è l'Aids. Una paura giustificata, perché molti
fanno domande su come si trasmette questa malattia. Chiedono se ci si può
contagiare con il semplice contatto fisico. Dicono che ci si può ammalare
camminando dove qualcuno ha versato dell'urina. Dicono che non bisogna mangiare
nello stesso piatto di chi ha l'Aids. Molti credono che questa malattia sia
la conseguenza di cattive azioni passate.
Ma non tutti hanno paura. Una nonna che ora si prende cura dei tre figli della
figlia ha raccontato che i vicini andavano a trovarli, portavano da mangiare,
ed erano stati pure al funerale. Toccherà al DYMB, quando prenderà
contatto con gli abitanti dei villaggi per aiutare chi ne ha bisogno, far
diminuire le paure e mostrare quando non è il caso di essere spaventati.
Con l'ascolto e l'apprendimento iniziali sono stati identificati 154 bambini
e 75 famiglie già affetti dall'Aids. Di questi bambini, 23 hanno perso
entrambi i genitori e altri 95 ne hanno già perso uno e con molta probabilità
perderanno anche l'altro. Trentaquattro bambini vivono con i nonni e 13 con
altri membri della famiglia. Quando a morire per primo è il padre,
il più delle volte i figli rimangono con la madre. Quando a morire
per prima è la madre, i figli vengono in genere affidati ai nonni o
a un'altra famiglia. Solo quattro fratelli sono andati in orfanotrofio.
Il numero di persone affette da Aids identificato dal DYMB è probabilmente
inferiore alla realtà. La maggior parte delle persone identificate
o erano morte o erano coniugi di qualcuno che era morto. Sia i capi del villaggio
che i volontari erano molto riluttati a etichettare chiunque come 'affetto
da Aids'. Tutti temono di esporre la famiglia alla discriminazione.
Per questa ragione e perché le cure prestate a chi muore a casa non
devono essere limitate a una sola malattia, il DYMB si presenta nei villaggi
come un gruppo che aiuta tutti coloro che sono affetti da malattie croniche
gravi. I capi del villaggio e i volontari sono riusciti a ottenere l'elenco
dei malati cronici che vivevano a casa. Non è stato difficile: infatti
essi conoscono bene i loro villaggi e i problemi di chi vi abita. Qualcuno
è riuscito a mettere insieme soltanto uno o due nomi, ma ben presto
ha presentato elenchi da 5 a 20 persone ed è stato in grado di dare
agli operatori del DYMB tutte le informazioni su ciascuna di loro.
In ottobre, il DYMB si è recato a visitare i pazienti iscritti negli
elenchi dei malati cronici in sei villaggi situati in un khum (comune) collegato
da una buona strada. Recarsi sul luogo non è stato facile come previsto.
A causa dell'inondazione, il DYMB ha dovuto abbandonare la motocicletta e
fare almeno due chilometri a piedi per arrivare al primo villaggio. Ma sembrò
appropriato che la prima visita al primo villaggio avvenisse a piedi.
I volontari hanno messo alla prova le loro capacità di equilibrio attraversando
ponti improvvisati fatti di vecchie tavole di legno e piccoli tronchi d'albero
per raggiungere case che avevano le pareti di paglia o di legno, con il tetto
di paglia o di latta. Molte avevano tre pareti invece di quattro, e davanti
erano aperte. Anche fra queste abitazioni, alcune erano più ricche
di altre e le poche cose in più di cui disponevano pendevano dalle
pareti o erano riposte sotto un letto di legno.
Quando l'acqua era troppo alta o la casa troppo lontana per poterla collegare
con un ponte, volontari passavano a guado immersi nell'acqua fino alla cintura.
Un passo falso provocò una nuotata imprevista in uno stagno invisibile
dal sentiero che lo circondava. I sandali di gomma in genere reggevano, ma
non sempre.
La maggior parte delle persone cui fu fatta visita erano anziani. Alcuni erano
sani, altri affetti da malattie respiratorie croniche o da paralisi dovute
a ictus. Molti erano ciechi e il DYMB ha fatto ricoverare quattro donne nell'ospedale
provinciale perché fossero operate di cataratta. Questo servizio oculistico
è nuovo e ancora non è conosciuto. Venti delle quaranta persone
visitate sono state deferite ai servizi competenti per ricevere assistenza.
Sei sono state inviate al reparto TBC; fra queste c'era una donna di 37 anni,
magra allampanata, che non aveva portato a termine il trattamento contro la
tubercolosi, iniziato due anni prima. Quando, alcune settimane dopo, il DYMB
andò a trovarla, era felice di essere stata ricoverata per riprendere
le cure interrotte. Handicap International (HI) offre servizi di riabilitazione,
fra cui la cura di pazienti colpiti da ictus e sedie a rotelle per chi non
è in grado di camminare. Una ragazza di 13 anni che tre mesi fa era
caduta da un albero e si era rotta una gamba non era stata curata perché
la famiglia non aveva danaro. Il DYMB l'ha accompagnata all'HI che l'ha fatta
ricoverare in ospedale a Battambang per essere operata. Quando la gamba sarà
guarita, la ragazza potrà tornare a camminare e crescerà normalmente.
Il Dhammayietra - Mongkol Borei è un cammino con le comunità
affette dall'Aids. Lo scopo che si prefigge è camminare con queste
comunità e con i problemi che esse devono affrontare, e non curare
semplicemente l'Aids. L'Aids è una delle malattie croniche che la popolazione
deve affrontare, ma non è l'unica. Le attività del DYMB si concentrano
su coloro che stanno morendo adesso o che moriranno per una malattia terminale,
ma il lavoro dei volontari non si limiterà a curare l'Aids a domicilio.
Dopo aver dedicato i mesi di dicembre e gennaio a imparare quanto necessario
e a stendere un programma, i quattro volontari del DYMB inizieranno a lavorare
nei villaggi. Visitando tutti i malati cronici del khun, sarà possibile
identificare chi sta morendo a casa e chi è affetto da una malattia
terminale, incluso l'Aids. Fornendo le cure necessarie a queste persone, il
DYMB arriverà ai villaggi per aiutare a risolvere i problemi che sorgono.
Cercherà volontari che aiutino alcune famiglie ad assistere il proprio
malato o a fare le faccende domestiche o a guadagnare per procurare denaro
alla famiglia. Cercherà sostegno per dare o salvaguardare un futuro
dei figli che rimangono orfani. Cercherà volontari che svolgano attività
di prevenzione contro l'ulteriore diffusione dell'HIV. Si manterrà
in contatto con tutti gli altri malati cronici, ponendosi come risorsa per
i volontari che operano nel settore dell'assistenza sanitaria o dei capi del
villaggio.
La violenza dell'Aids ha molte facce: la sofferenza del paziente e della famiglia
quando il paziente si ammala e muore; l'aperta discriminazione nei confronti
dei malati di Aids e delle loro famiglie; i figli che perdono la seppur magra
eredità che gli spetterebbe a causa dei debiti contratti per sopperire
al costo delle cure o perché gli altri membri della famiglia se ne
appropriano; i figli che non possono più andare a scuola e diventano
emigranti o iniziano a darsi al sesso a pagamento; il conflitto che si crea
nel villaggio che deve lottare con famiglie sempre più povere, dove
nessuno è più in grado di guadagnare per vivere. Una più
profonda comprensione di ciò che va temuto e ciò che no e un
apprendimento dei modi per affrontare i problemi può diminuire il potenziale
della violenza. Questo è il cammino lungo il quale il DYMB sta muovendo
i primi passi, quest'anno. Gli esiti dipenderanno da chi, nel villaggio, deciderà
di unirsi al cammino. In passato, il Dhammayietra ha trovato molte persone
che hanno deciso di fare la strada insieme e si aspetta che anche qui accada
altrettanto.
Il DYMB prevede che la Cambogia dovrà affrontare l'epidemia di Aids
con poco aiuto dall'esterno. Il sistema sanitario governativo è privo
di risorse per affrontare questo problema immenso. Praticamente non esiste
un sistema di servizi sociali. I governi stranieri daranno soltanto un aiuto
limitato. Camminando con le comunità per mobilitarle e sostenerle nel
gestire da sole i problemi, il Dhammayietra-Mongkol Borei spera di prepararle
a combattere questa guerra del sangue in maniera efficace e pacifica.
A chi fosse interessato a unirsi dall'estero a questo cammino, il DYMB invierà
notiziari periodici per informare sul cammino nei villaggi del Mongkol Borei.
Sapere che altri sono interessati e danno il loro appoggio contribuisce a
dare forza a chi sta camminando con questa terra.
(da "Buone Notizie", anno 2001 n°1)